Usando questo sito si accetta l'utilizzo dei cookie per analisi, contenuti personalizzati e annunci.

 

Introduzione
La broncoscopia è certamente una delle metodiche diagnostiche più comuni in ambito medico, e permette una vasta gamma di procedure sia diagnostiche che terapeutiche, gravate tuttavia da un significativo discomfort per il paziente e conseguenti difficoltà per l’operatore.
Partendo dalla semplice anestesia locale, sono state sviluppati numerosi farmaci sedativi sistemici che hanno reso la procedura estremamente tollerabile da parte del paziente e molto più agevole per lo pneumologo interventista. Negli ultimi anni, infatti, numerose sono state le classi farmacologiche adottate: in tempi più lontani le benzodiazepine (in passato il diazepam e più recentemente il midazolam), per arrivare al propofol, al fenatanyl, alla petidina, e fino alla dexmedetomidina e al remimazolam.
Numerosi studi hanno valutato efficacia ed effetti collaterali dei diversi farmaci, tuttavia, visto anche il rapido sviluppo di nuove molecole, la letteratura manca di un confronto “orizzontale” tra tutte. Il presente studio si pone quindi l’obiettivo di eseguire una metanalisi su quattro dei più comuni sedativi (midazolam, propofol, remimazolam e dexmedetomidina) usati in corso di broncoscopia.

Metodi
Come criteri di inclusione sono stati considerati:

  • Età maggiore di 18 anni
  • Un BMI compreso tra 18 e 30
  • Pazienti sottoposti a broncoscopia flessibile ai quali era stato somministrato un solo sedativo

Sono stati esclusi pz con ASA ≥ 4, con allergia nota ad uno dei quattro farmaci in studio (midazolam, propofol, remimazolam e dexmedetomidina), con un’anamnesi positiva per tracheostomia, con una saturazione di ossigeno ≥ 90% in aria ambiente, e con storia di gravi complicanze in corso di broncoscopia flessibile.
Due ricercatori hanno condotto indipendente una ricerca bibliografica sui database PubMed, Embase, Cochrane, e Web of Science Library, senza restrizione di lingua, focalizzando l’attenzione solo su trial randomizzati controllati su soggetti umani fino al 25 dicembre 2023.
Indipendentemente, due ricercatori hanno screenato gli studi secondo i criteri di inclusione ed esclusione, e in caso di disaccordo il punto veniva discusso con un terzo ricercatore.
Come già detto sono stati esclusi tutti gli studi retrospettivi e prospettici osservazionali, focalizzandosi solo sui randomizzati controllati. La qualità degli studi è stata valutata attraverso il ROB2, come raccomandato dalla Cochrane Handbook for Systematic Reviews of Interventions.
Come outcome principale è stata considerata l’ipossemia (definita con una variazione della SpO2 di almeno il 4% o una desaturazione sotto il 90% per più di 1 minuto). Come outcome secondari sono state considerate le aritmie (tachicardia sinusale, bradicardia sinusale, battiti prematuri atriali o ventricolari o altre aritmie maligne) e la durata della procedura (considerata tra l’inserimento e la rimozione dello strumento).
Dal punto di vista statistico le variabili dicotomiche sono state espresse con Risk Ratio (RR), mentre gli effetti delle variabili continue con la mean difference con un intervallo di confidenza del 95% e una differenza statisticamente significativa con una p minore di 0,05.
Essendo stati considerati 11 studi, è stato applicato un Egger test per valutare l’eventuale publication bias. Infine, è stata eseguita una valutazione a ranghi (quattro, uno per ciascuna opzione terapeutica) con la successiva applicazione del Surface Under the Cumulative Ranking Curve (SUCRA).

Selezione degli studi
Sono stati individuati 5.882 articoli (683 da PubMed, 3949 da Embase, 705 da Cochcrane e 545 da Web Science). Sono stati eliminati i duplicati (3.640), gli studi poco rilevanti (1.892) e quelli dei quali non era disponibile il testo completo (67). Dei 283 studi restanti, sono stati eliminati quelli che non erano dei randomizzati, quelli con diverso outcome primario, con popolazioni diverse da quelle richieste o con dati incompleti.
Al termine dello screening sono stati considerati 11 articoli (sei dall’Asia, quattro dall’Europa e uno dall’America). L’ipossemia era riportata in tutti gli studi, le aritmie in cinque e la durata delle procedure in nove. Tutti i pazienti erano stati sottoposti a broncoscopia flessibile.
Come già detto, la qualità dei lavori è stata valutata con l’uso della Cochrane Bias Risk Assessment Tool ROB2. La maggior parte degli studi mostrava basso (63.6%) o possibile rischio (36,4%). In particolare, otto avevano basso rischio, mentre solo tre un rischio possibile. Nessuno aveva un alto rischio di bias dovuto a significativi scostamenti dall’intervento pianificato o da dati mancanti. Per quanto attiene i bias di misurazione, nove erano a basso rischio, uno con rischio possibile e uno ad alto rischio. Per quanto riguarda i bias di selezione, 10 studi avevano basso rischio e uno un rischio possibile.

Risultati
La dexmedetomidina, rispetto a midazolam (RR=0.156, 95% CI [0.031, 0.677]), placebo (RR=1.109, 95% Cl [0.014, 0.977]), propofol (RR=0.112, 95% Cl [0.021, 0.553]) e remimazolam (RR=0.104, 95% Cl [0.012,0.991] mostrava un più basso rischio di ipossemia (P<0.05).
Lo scoring SUCRA mostrava: dexmedetomidina (98%) > midazolam (57%) > placebo (33%) > remimazolam (32%)> propofol (30%), dove si evidenzia come la dexmedetomidina è la più efficace nel ridurre il rischio di ipossemia.
Per quanto riguarda le aritmie, la metanalisi non mostrava differenze statisticamente significative tra i quattro farmaci, anche quando confrontati a coppie.
Lo scoring SUCRA mostrava: dexmedetomidina (89%) > placebo (44%) > remimazolam (42%) > midazolam (40%) > propofol (35%), evidenziando anche in questo caso una superiorità della dexmedetomidina rispetto alle altre tre molecole.
Per quanto riguarda la durata della procedura, anche in questo caso non è stata raggiunta la significatività statistica, anche quando il confronto era a coppie.
Lo scoring SUCRA mostrava: propofol (68%) > remimazolam (67%) > midazolam (66%) > dexmedetomidina (37%) > placebo (12%) evidenziando una maggiore efficaci del propofol nel ridurre i tempi delle procedure.
Per quanto attiene il publication bias, questo appare basso (P=0.071).

Discussione
La sedazione in corso di esame endoscopico è ritenuta ormai mandatoria da tutte le linee guida internazionali, e questo studio ha il pregio di andare a confrontare le quattro molecole sulle quali si sta maggiormente concentrando l’interesse degli operatori: midazolam, remimazolam, propofol, dexmedetomidina.
Il midazolam è una benzodiazepina con azione centrale a livello dei recettori GABAergici, e al momento è il farmaco sedativo usato più diffusamente in corso di procedure broncoscopiche.
Con le caratteristiche di ansiolitico, ipnoinducente, miorilassante, e con la capacità di indurre amnesia retrograda, si è mostrato essere una valida opzione terapeutica. Tuttavia, in letteratura sono spesso descritti alcuni effetti collaterali: da un lato sono stati riportati episodi di effetti paradossi anche gravi fino a quasi un quinto dei pazienti (come evidenziato da Matsumoto et al. in uno studio del 2022), dall’altra la possibile azione depressiva sui centri del respiro.
Al fine di migliorare le caratteristiche del midazolam, sempre maggior interesse sta suscitando - non solo all’interno della pneumologia interventistica ma anche in ambito gastroenterologico - il remimazolam, benzodiazepina ad azione ultrarapida con siti di azione analoghi a quelli del midazolam.
Il remimazolam raggiunge un significativo effetto sedativo in 1-3 minuti, ha una durata di azione di circa 6 minuti, e un’ emivita di 0,75 ore. Risulta indipendente dal metabolismo renale o epatico, e il suo metabolita (il CNS7054) non ha effetti farmacologicamente significativi. Come evidenziato da Pastis et al. In un lavoro su Chest 2019, il remimazolam risultava superiore sia al placebo che al midazolam in rapidità di tempo di efficacia, tempi di risveglio e – soprattutto - incidenza di eventi avversi.
Il propofol è certamente allo stato attuale uno dei più diffusi farmaci endovenosi per anestesia, che agisce attraverso il potenziamento del GABA e del suo recettore, con oggettivi vantaggi rispetto al midazolam, come evidenziato in uno studio ormai classico pubblicato su Chest da Clarkson et al. nel lontano 1993 e condotto su 41 asmatici sottoposti a broncoscopia flessibile.
Il suo rapido tempo di azione, la breve emivita, le proprietà antiemetiche e gli effetti broncodilatori, infatti, ne hanno fatto uno dei farmaci più comuni nelle sale di pneumologia interventistica. Di contro, la capacità dose-dipendente di inibire i centri del respiro e i possibili effetti emodinamici (primo fra tutti l’ipotensione), ne hanno in parte limitato l’uso da parte degli pneumologi, in particolare in Italia dove ne è riservato l’uso solo a medici “esperti in gestione delle vie aeree”, il che apre un dibattito interpretativo non ancora del tutto risolto.
La dexamedetomidina è una molecola ben nota ai colleghi anestesisti, che ha avuto una significativa diffusione in ambiente pneumologico soprattutto in concomitanza con la pandemia da COVID-19. La necessità di sottoporre i pazienti a cicli anche prolungati di terapia a pressione positiva (NIV o CPAP) ha infatti portato prepotentemente alla necessità di confrontarsi con il problema della sedazione, anche a lungo termine. Da questo punto di vista la dexamedetomidina rappresenta una valida opzione. È un agonista selettivo dell’adrenocettore alfa-2, sia a livello centrale che periferico, con effetti ansioltici, sedativo-ipnotici ed analgesici. Il principale vantaggio risiede nella capacità di mantenere nella maggior parte dei casi il respiro spontaneo, con una facile possibilità di “svegliare” il paziente anche con stimoli modesti. Queste evidenze sembrerebbero essere confermate da alcuni lavori, tra i quali il primo trial randomizzato condotto da Ryu et al. nel 2012; tuttavia altri, ad esempio Pertzov et al. nel 2022, hanno fallito nell’individuare significative variazioni della saturazione o della concertazione del CO2 misurato con il transcutaneo, quando confrontata con il propofol.
La presente metanalisi sembrerebbe mostrare al contrario una superiorità della dexemedetomidina rispetto agli altri farmaci nel prevenire l’ipossemia, unica differenza - va ricordato - a raggiungere la significatività statistica.
Come sottolineato dagli autori nella discussione purtroppo, il prezzo di questo apparente vantaggio è pagato dalle caratteristiche farmacodinamiche della molecola. Il tempo di induzione, infatti, è maggiore (10 minuti vs 2-3 minuti di midazolam, raminazolam e propofol) così come il tempo di risveglio (20-30 minuti), rendendola poco pratica per esami brevi (BAL o broncoscopie ispettive), ma magari più indicata in procedure più lunghe (stadiazioni sistematiche del mediastino o broncoscopia terapeutica).
Le alterazioni del ritmo cardiaco sono un’evenienza frequente in corso di broncoscopia, e benché le più comuni siano in genere anche quelle più benigne (tachicardia e bradicardia sinusale, battiti ectopici, extrasistole atriali o ventricolari), possono insorgere anche aritmie più gravi (fibrillazione atriale) o persino fatali (fibrillazione ventricolare, torsione di punta).
La tendenza (non significativa) della dexmedetomidina a prevenire tali eventi descritta nella metanalisi, potrebbe risiedere nel suo effetto inotropo e cronotropo negativo, che si esplica sia nell’inibizione della funzione del nodo senoatriale e del nodo atrioventricolare, che attraverso un’influenza  sulla ripolarizzazione miocardica.
Infine, per quanto attiene i tempi procedurali (presenti in 9 studi su 11), la tendenza alla superiorità (non significativa) soprattutto del propofol, ma anche di midazolam e remimazolam rispetto alla dexmedetomidina, appare verosimilmente dovuta alla significativa diversità delle caratteristiche farmacologiche delle quattro molecole, come già descritto sopra.

Limiti
La presente metanalisi presenta diversi limiti. Il primo è la significativa differenza della mole di studi tra le diverse molecole in particolare midazolam e porpofol da una parte, e remimazolam e dexmedetomidina dall’altra.
Per ridurre l’eterogeneità della metanalisi, non sono poi stati considerati lavori nei quali, oltre alle quattro molecole studiate, siano stati considerati altri sedativi come, ad esempio, il recente trial randomizzato di Zhou et al. pubblicato nel 2024, dove oltre al remimazolam e alla dexmedetomidina veniva somministrato anche remifentanil.
La popolazione di sei studi su 11 era inferiore a 100 soggetti. Nessuno degli studi considerati aveva dosato la concentrazione plasmatica dei quattro farmaci. Non sono stati considerati i lavori del 2024 e del 2025.

Conclusioni
In conclusione, la scelta della sedazione appare ancora oggi un momento cruciale di qualunque procedura endoscopica dove una attenta valutazione di rischi, benefici e organizzazione sanitaria è mandatoria. Ulteriori studi di confronto appaiono quantomai necessari.

Bibliografia di riferimento

  • Clark G, Licker M, Younossian AB, et al. Titrated sedation with propofol or midazolam for flexible bronchoscopy: a randomised trial. Eur Respir J 2009;34:1277–83.
  • Goneppanavar U, Magazine R, Periyadka Janardhana B, et al. Intravenous dexmedetomidine provides superior patient comfort and tolerance compared to intravenous midazolam in patients undergoing flexible bronchoscopy. Pulm Med 2015;2015:727530.
  • Kim SH, Cho JY, Kim M, et al. Safety and efficacy of remimazolam compared with midazolam during bronchoscopy: a single-center, randomized controlled study. Sci Rep 2023;13:20498.
  • Pastis NJ, Yarmus LB, Schippers F et al. Safety and efficacy of remimazolam compared with placebo and midazolam for moderate sedation during bronchoscopy; PAION Investigators. Chest 2019;155:137-46.
  • Zhou L, Zou J, Li X, et al. Efficacy and safety of remimazolam versus dexmedetomidine for patients undergoing flexible fiberoptic bronchoscopy: a randomized, clinical trial. J Clin Anesth. 2024;99:111677.