- Pubblicazione il 01 Aprile 2025
La Proteinosi Alveolare Primitiva (Pulmonary Alveolar Proteinosis, PAP), o Pneumopatia da Accumulo di Proteine Alveolari, è una rara patologia interstiziale causata dall’accumulo negli alveoli di materiale lipo-proteinaceo che si colora con l'acido periodico di Schiff (PAS). La patologia è stata descritta per la prima volta nel 1953 da Benjamin Castelman, e negli anni Sessanta fu eseguito il primo lavaggio polmonare totale (Whole Lung Lavage, WLL) ad opera di Jose Ramirez-Rivera. La tecnica endoscopica terapeutica al momento non è ancora standardizzata. Non ci sono, infatti, indicazioni univoche, ad esempio circa la quantità di soluzione fisiologica da instillare e il numero di sessioni da realizzare.
I sintomi più frequenti d’esordio della malattia sono la tosse, l’espettorazione, e la dispnea associata a desaturazione fino all’insufficienza respiratoria, dovuta a una riduzione degli scambi gassosi per ingombro alveolare. Alla tomografia computerizzata del torace (Computed Tomography, TC) è presente opacità alveolare con ispessimento dei setti interlobulari e intralobari, con aspetto a “crazy-paving” (lastricato a mosaico irregolare) (1).
Il sospetto diagnostico di PAP parte dal quadro clinico associato all’aspetto radiologico. Il liquido estratto durante il lavaggio broncoalveolare (BAL) appare lattescente e all’analisi microscopica risulta essere ricco in depositi granulari extracellulari contenenti basofili, macrofagi e detriti cellulari. I test di laboratorio sono eseguiti per ricercare gli anticorpi diretti contro il Granulocyte-Macrophage Colony-Stimulating Factor (GM-CSF). Nel caso in cui tale ricerca risultasse negativa su BAL, deve essere eseguita su biopsia polmonare trans-toracica o criobiopsia.
La PAP viene classificata in diversi tipi sulla base del meccanismo patogenetico. La PAP primaria comprende la PAP autoimmune (Autommune Pulmonary Alveolar Proteinosis, APAP) e quella ereditaria (Hereditary Pulmonary Alveolar Proteinosis, HPAP); altre due tipologie sono la PAP secondaria (Secondary Pulmonary Alveolar Proteinosis, SPAP) e la PAP congenita (Congentital Pulmonary Alveolar Proteinosis, CPAP).
La forma primaria di PAP è causata da un difetto nell'attività dei macrofagi alveolari inefficaci nella rimozione dagli alveoli delle proteine, del surfattante e di altre sostanze estranee. La forma secondaria può essere associata a malattie ematologiche e oncologiche, oppure essere dovuta a infezioni o inalazione di sostanze tossiche. Dai diversi studi epidemiologici condotti, risulta che incidenza e prevalenza sono rispettivamente l’1,4 e il 9,7 per milione di abitanti per APAP, e lo 0,6 e il 3,0 per SPAP. I dati cambiano a seconda del contesto dello studio e della definizione dei casi. La prevalenza delle forme APAP e SPAP è in aumento. La APAP rappresenta il 90% dei casi di PAP (2,3).
Il WLL è la tecnica utilizzata dagli anni 1960, e prevede un approccio multidisciplinare. Si utilizzano ad ogni ciclo 0,5-1 litro (L) di soluzione fisiologica alla temperatura di 37°C. La strumentazione deve essere adeguata, e prevede l’utilizzo di un tubo endotracheale preferibilmente a doppio lume (DLT) e di un broncoscopio flessibile di dimensioni appropriate. Il WLL viene più frequentemente eseguito in due tempi. La distanza tra una seduta e l’altra è variabile tra i tre e i 14 giorni, e deve essere trattato un polmone per volta. Alcuni centri eseguono però il trattamento in una singola sessione che può durare fino a sette ore e oltre. Può essere di supporto l'ossigenazione extracorporea a membrana per via venosa (VV ECMO). La procedura viene interrotta quando il liquido istillato è ritornato chiaro. La somministrazione di GM-CSF locale in corso di WLL migliora l’outcome. Nei pazienti ad alto rischio per WLL, la sola terapia con GM-CSF inalato in aerosol non appare così efficace. I risultati del GM-CSF sottocute in mono-terapia senza avere prima eseguito WLL sono ancora dibattuti (1).
Nello studio di Naamany et al. viene analizzata nello specifico una tecnica in cui è previsto un lavaggio continuo a velocità controllata in paziente intubato e affetto sia da PAP che da silicosi (4). La preparazione al WLL prevede una radiografia preliminare del torace e una spirometria con tecnica pletismografica e diffusione del monossido di carbonio. Il paziente viene strettamente monitorato e sedato con propofol, midazolam, fentanyl e rocuronio o vecuronio, e viene quindi intubato con tubo endotracheale a doppio lume. Il lavaggio si esegue con soluzione salina a 37°C infusa alla velocità di 1.5 litri per minuto (L/min).
I pazienti affetti da PAP reggono velocità maggiori rispetto a quelli affetti da silicosi, che appaiono ancora più ristretti. Il primo ciclo prevede 1,5 L di soluzione salina, ed è seguito dalla fase di degassing, in cui i polmoni vengono sgonfiati forzatamente con applicazione di una pressione negativa. Questa fase pare favorisca il riassorbimento delle atelettasie e permetta una distribuzione più uniforme del fluido. I cicli successivi sono da 1 L, alternati al degassing. Il paziente è supino della fase di infusione dei fluidi e in Trendelenburg nella fase di degassing. La seduta si interrompe quando il liquido rimosso diventa trasparente. Al paziente viene poi somministrata furosemide 20 milligrammi endovena. Il paziente, se stabile, viene estubato, rimane ricoverato in terapia intensiva e monitorato anche radiologicamente.
Lo studio ha analizzato 12 pazienti affetti da PAP e due affetti da silicosi (appartenenti a una coorte iniziale di 52) sottoposti a WLL. La durata media della procedura è stata di 65 minuti. Non si sono verificate complicanze infettive né casi di pneumotorace. La quantità di soluzione fisiologica introdotta è stata di 15,4 +/- 6 litri. L’infusione di fluidi a velocità controllata pare possa permettere un migliore controllo dei parametri vitali, una minor durata, e un utilizzo di minori volumi. La metà dei pazienti ha richiesto un solo ciclo di terapia. Un altro studio recente analizza 3.278 pazienti, tratti da 295 studi, affetti da PAP (IPAP=88,6%) riporta una mortalità globale del 9,5% legata soprattutto a insufficienza respiratoria e infezioni. Una minore mortalità si è verificata a seguito dei trattamenti con WLL e GS-CSF (5).
Al momento, trattandosi di una malattia rara, non esistono protocolli standardizzati. Nuovi studi servono per confrontare questa tecnica con quella più tradizionale.
Bibliografia
1. Tay CK, Kumar A, Hsu AAL, et al. Whole lung and sequential bronchoscopic lavage for ulmonary alveolar proteinosis. Current Opin Pulm Med 2025;31:41-52.
2. Kimura Y, Jo T, Hashimoto Y, et al. Epidemiology of pulmonary alveolar proteinosis: a descriptive study using a Japanese national administrative claims database. ERJ Open Res 2025;11:00666-2024.
3. Rodriguez Gonzalez C, Schevel H, Hansen G, et al. Alveolar proteinosis and new therapeutic concepts. Klin Padiatr Klin Padiatr 2024;236:73-9.
4. Naamany E, Azem K, Amor SM, et al. A novel, rapid, and effective technique for whole lung lavage in patients with pulmonary alveolar proteinosis and silicosis: retrospective study. BMC Pulm Med 2025;25:87.
5. Huang J, Xie S, Gao Y, et al. Phenotypic heterogeneity in mortality and prognosis of pulmonary alveolar proteinosis: a large-scale, global pooled analysis of individual-level data. Orphanet J Rare Dis 2025;20:102.