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Scopo di questa revisione di metodo è quello di sottolineare le misure di accuratezza diagnostica utilizzate nella valutazione delle procedure broncoscopiche in quanto un importante limite degli studi clinici è rappresentato dall’uso di misure di accuratezza diagnostica non adeguatamente definite.

L’accuratezza diagnostica è la capacità di un test di distinguere tra stato di malattia e non-malattia in una determinata popolazione, ossia il numero di risultati corretti di un determinato test [1,2]. Se consideriamo un test diagnostico con due risultati, positivo (T+) e negativo (T-) usati per distinguere tra malattia presente (D+) o assente (D-) avremo quattro possibili risultati che sono vero positivo (VP) o falso negativo (FN) nei pazienti con malattia e vero negativo (VN) o falso positivo (FP) nei soggetti non malati.

Il valore di accuratezza diagnostica va sempre definito rispetto ad uno standard di riferimento (reference standard) che, come definito dalle linee guida STARD del 2015, è il metodo migliore per stabilire la presenza o l’assenza di una determinata condizione [3]. Il reference standard deve essere definito in modo chiaro, può essere composto da uno o più test, può includere il follow-up clinico ma non deve includere il risultato del test che è oggetto di valutazione nello studio che si sta conducendo.

Le misure di accuratezza diagnostica (VP+VN/VP+FN+FP+VN) includono:

 -sensibilità (VP/VP+FN): probabilità che un paziente malato abbia un test positivo. Si calcola dal rapporto tra individui malati con test positivo e tutti gli individui malati indipendentemente dall’esito del test.

-specificità (VN/VN+FP): probabilità che un paziente non-malato abbia un test negativo. Si calcola dal rapporto tra individui sani con test negativo e tutti gli individui non malati testati indipendentemente dall’esito del test.

-valore predittivo positivo (VPP: VP/VP+FP): probabilità di malattia in un paziente con test positivo

-valore predittivo negativo (VPN: VN/VN+FN): probabilità di non malattia in un paziente con test negativo

Sensibilità e specificità non risentono della prevalenza (VP+FN/VP+FN+FP+VN) di malattia nella popolazione di studio, ossia del numero di individui che presentano la condizione di interesse. Questo accade invece per VPP e VPN

Un test molto sensibile (molti VP, pochi FN ed alto VPN) è molto utile per individuare una malattia. Un test molto specifico (molti VN, pochi FP ed alto VPP) è molto utile per escluderla.

Occorre inoltre ricordare che l’esito di un test, oltre che positivo e negativo può risultare indeterminato e gli autori dovrebbero riportare la frequenza degli esiti non conclusivi e le loro possibili cause [3]. Sensibilità e specificità escludono la possibilità di avere un terzo risultato, oltre a positivo o negativo. Una soluzione potrebbe essere riclassificare gli esiti indeterminati facendo riferimento sempre al reference standard. Ad esempio, un esito indeterminato potrebbe essere considerato un falso negativo in paziente con nodulo polmonare risultato poi tumore o falso positivo in un paziente con nodulo del polmone risultato non essere una lesione tumorale.

Il rendimento diagnostico (diagnostic yield), molto utilizzato negli studi di Pneumologia Interventistica, è definito invece come la capacità di un test o di una procedura di fornire informazioni utili al conseguimento di una diagnosi definita [4]. Esso si calcola come rapporto tra i pazienti in cui un determinato test ha consentito di raggiungere una diagnosi definita ed il numero totale di pazienti in cui il test è stato utilizzato. Ad esempio, per il calcolo del rendimento diagnostico in uno studio sul ruolo dell’EBUS-TBNA nella sarcoidosi, si userà come numeratore il numero di pazienti in cui l’esame cito-istologico del prelievo ottenuto con EBUS-TBNA ha rivelato la presenza di granulomi non necrotizzanti e come denominatore il numero totale di pazienti con diagnosi finale di sarcoidosi sottoposti ad EBUS-TBNA.  Allo stesso modo, per il calcolo del rendimento diagnostico in uno studio sul ruolo della broncoscopia guidata nella diagnosi di nodulo polmonare periferico, si userà come numeratore il numero di pazienti in cui l’esame cito-istologico del prelievo ottenuto durante la broncoscopia guidata ha consentito di ottenere una diagnosi “definita” (es. cancro, tubercolosi) e come denominatore il numero totale di pazienti con nodulo polmonare sottoposti alla procedura.

Volendo fare un esempio che riassuma le misure descritte sinteticamente finora, possiamo considerare la broncoscopia diagnostica avanzata nella valutazione di pazienti con nodulo del polmone sospetto per tumore polmonare. Tale esame potrà avere esito positivo o negativo per neoplasia o esito indeterminato. In questo esempio, la sensibilità sarà rappresentata dalla proporzione di pazienti con tumore del polmone e evidenza di cellule neoplastiche al prelievo broncoscopico, la specificità dalla proporzione di pazienti con noduli polmonari ‘non neoplastici’ senza evidenza di cellule tumorali al prelievo broncoscopico, il VPP dalla probabilità di tumore del polmone nei pazienti con cellule neoplastiche al prelievo broncoscopico e il VPN dalla probabilità di non avere tumore del polmone nei pazienti senza evidenza di cellule neoplastiche al prelievo broncoscopico. L’accuratezza diagnostica sarà rappresentata dal numero di tutti i pazienti con diagnosi corretta (sia neoplastica che non) rispetto a tutti quelli che si sono sottoposti a broncoscopia, mentre il rendimento diagnostico sarà rappresentato dalla proporzione di tutte le procedure broncoscopiche eseguite che hanno fornito una diagnosi corretta (sia neoplastica che non).

E’ molto importante che i risultati indeterminati o non conclusivi (ad esempio infiammazione non specifica, tessuto non alterato etc…) non siano utilizzati nel calcolo del rendimento diagnostico così come è stato fatto ad esempio nel registro AQuIRE ma ciò purtroppo non avviene di regola per tutti gli studi presenti in letteratura.

Inoltre la classificazione dei risultati dovrebbe essere coerente: se un reperto è considerato diagnostico deve rimanere tale in ogni contesto in cui venga riscontrato e i reperti ‘non specifici’ dovrebbero, secondo gli autori, probabilmente essere confermati con metodiche invasive (nuovo approccio bioptico, conferma chirurgica..) più che sulla base del semplice follow-up radiologico a distanza.