- Pubblicazione il 20 Maggio 2025
Le bronchiectasie non associate a fibrosi cistica costituiscono una patologia infiammatoria cronica e progressiva caratterizzata da dilatazione bronchiale irreversibile. Un tempo considerata una malattia orfana, quella in oggetto resta ad oggi una condizione respiratoria ampiamente trascurata, nonostante l’evidenza di una crescente prevalenza, con pazienti che presentano quotidianamente tosse, espettorato purulento, infezioni respiratorie ricorrenti e riacutizzazioni necessitanti ricovero ospedaliero.
Le riacutizzazioni rappresentano fattori critici nella progressione della malattia, e circa la metà dei pazienti con bronchiectasie presenta due o più riacutizzazioni all'anno. La gravità e la frequenza delle riacutizzazioni sono associate a una peggiore qualità della vita, a un peggioramento dei sintomi quotidiani, al declino della funzionalità polmonare e a un incremento della mortalità.
Dati recenti, provenienti da registri internazionali tra cui l'European Multicentre Bronchiectasis Audit and Research Collaboration (EMBARC), evidenziano la vasta gamma di eziologie e la marcata variazione geografica in termini di microbiologia, gravità ed esiti: questa eterogeneità è stata citata come una sfida nella gestione clinica della malattia. Sebbene i pazienti affetti da bronchiectasie utilizzino diverse terapie disponibili, attualmente non esistono terapie farmacologiche specifiche approvate dalla Food and Drug Administration statunitense o dall'Agenzia Europea per i Medicinali, né uno standard di cura coerente e consolidato.
La gestione della patologia si concentra spesso su tecniche di disostruzione delle vie aeree, agenti mucoattivi e antibiotici per le riacutizzazioni acute. Gli antibiotici a lungo termine (per via inalatoria o orale (macrolidi) sono raccomandati per i pazienti con tre o più riacutizzazioni all'anno, ma non sono adatti a tutti, e sono spesso associati allo sviluppo di patogeni farmaco-resistenti.
L'infiammazione, prevalentemente indotta dai neutrofili, determina un'eccessiva produzione e secrezione di muco, una ridotta clearance mucociliare, una ridotta difesa dell'ospite contro i batteri, e il rimodellamento delle vie aeree. Si ritiene che le serin proteasi dei neutrofili (NSP), inclusa l'elastasi neutrofila (NE), siano mediatori chiave della malattia delle vie aeree correlata ai neutrofili. Un'elevata attività della NE nei pazienti con bronchiectasie è correlata a un tempo di riacutizzazione ridotto e a una scarsa qualità di vita (QoL). La dipeptidil peptidasi 1 (DPP-1, anche chiamata catepsina C) attiva le NSP durante la maturazione dei neutrofili nel midollo osseo. Recentemente, si è ipotizzato che l'inibizione della DPP-1 possa costituire un potenziale intervento nelle malattie mediate dall'infiammazione neutrofila come le bronchiectasie, riducendo l'attività degli NSP. brensocatib è un inibitore orale, selettivo, competitivo e reversibile della DPP-1 in fase di sviluppo per il trattamento delle bronchiectasie. Nello studio di fase 2 WILLOW condotto su adulti con bronchiectasie, il trattamento con 10 mg o 25 mg di brensocatib al giorno rispetto al placebo per 24 settimane ha ridotto l'attività della NE nell'espettorato e prolungato il tempo alla prima riacutizzazione. La maggior parte degli eventi avversi (EA) riportati nello studio sono stati da lievi a moderati, con un'incidenza simile tra i gruppi di trattamento.
Lo studio ASPEN è uno studio di fase 3, randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo, che ha avuto come obiettivo il valutare l’efficacia, la sicurezza e la tollerabilità di brensocatib rispetto al placebo, somministrato una volta al giorno per 52 settimane in pazienti con bronchiectasie non da fibrosi cistica. Le riacutizzazioni sono state determinate utilizzando la definizione dell’EMBARC/del Registro della ricerca su bronchiectasie e micobatteri non tubercolari (nontuberculous mycobacteria, NTM; BRR), ovvero la presenza di ≥3 dei seguenti sintomi per almeno 48 ore con conseguente decisione del medico di prescrivere antibiotici sistemici: aumento della tosse, aumento del volume di espettorato o variazione della consistenza dell’espettorato, aumento della purulenza dell’espettorato, incremento della dispnea e/o diminuzione della tolleranza all’esercizio fisico, affaticamento e/o malessere ed emottisi.
L’endpoint primario di questo studio era valutare l’effetto di brensocatib (10 mg e 25 mg) rispetto al placebo sul tasso annualizzato di riacutizzazioni durante un periodo di trattamento di 52 settimane. Endpoint secondari erano: percentuale di pazienti rimasti liberi/e da riacutizzazioni o variazione rispetto al basale nel FEV1 post-broncodilatatore alla settimana 52 o frequenza annuale delle riacutizzazioni gravi (che rendono necessario il trattamento farmacologico antibatterico per via endovenosa e/o il ricovero) o variazione rispetto al basale nel punteggio QOL-B RSS alla settimana 52 o sicurezza o farmacocinetica di brensocatib. Nello studio sono stati inclusi pazienti con anamnesi di bronchiectasie confermate da TC torace che interessava ≥1 lobo e FEV1 post-broncodilatatore ≥30% del valore previsto. I pazienti inclusi nello studio avevano un’età compresa tra 18 e 85 anni con un indice di massa corporea ≥18,5 kg/m2 al basale, erano in grado di fornire un campione di espettorato durante la visita di screening, e presentavano ≥2 riacutizzazioni nei 12 mesi precedenti lo screening, definite dalla necessità di prescrizione di antibiotici.
Per quanto riguarda l’endpoint primario, brensocatib a entrambe le dosi ha dimostrato riduzioni significative del tasso annualizzato di riacutizzazioni rispetto al placebo: del 21,1% nel gruppo trattato con brensocatib 10 mg, e del 19,4% nel gruppo trattato con 25 mg. I risultati relativi agli endpoint secondari: il tempo alla prima riacutizzazione è stato significativamente più lungo con entrambe le dosi di brensocatib. Brensocatib 25 mg ha ritardato il tempo alla prima riacutizzazione di 14 settimane rispetto al placebo. Il tempo mediano alla prima riacutizzazione è stato di 49,0 settimane nel gruppo trattato con brensocatib 10 mg, di 50,7 settimane nel gruppo trattato con brensocatib 25 mg, rispetto a 36,7 settimane nel gruppo con placebo. Rispetto al placebo, brensocatib a entrambe le dosi ha aumentato notevolmente la probabilità di rimanere liberi/e da riacutizzazioni nell’arco di 52 settimane.
Rispetto al placebo, brensocatib 25 mg ha ridotto il declino della funzione polmonare nel tempo, misurato in base alla variazione rispetto al basale del volume espiratorio forzato post-broncodilatatore in 1 secondo (FEV1) alla settimana 52. La differenza media dei minimi quadrati (LS) rispetto al placebo nel FEV1 post-broncodilatatore alla settimana 52 è stata di 11 ml nel gruppo trattato con brensocatib 10 mg, e 38 ml nel gruppo trattato con brensocatib 25 mg. Rispetto al placebo, la riduzione del tasso annuale di riacutizzazioni gravi è stata del 25,8% nel gruppo trattato con brensocatib 10 mg, e del 26,0% nel gruppo trattato con 25 mg. Brensocatib 25 mg ha mostrato un miglioramento significativo dei sintomi respiratori associati alla qualità della vita - Bronchiectasie (Quality of Life-Bronchiectasis Respiratory Symptoms Domain Score, QOL-B RSS) L’incidenza di eventi avversi è risultata simile tra i gruppi, ad eccezione di una maggiore incidenza di ipercheratosi osservata nei gruppi trattati con brensocatib. Gli eventi avversi più comuni con entrambe le dosi di brensocatib rispetto al placebo sono stati la malattia Covid-19, la nasofaringite, la tosse e il mal di testa. La polmonite è risultata essere l’evento avverso di particolare interesse più comune e si è verificata più frequentemente nel gruppo placebo (5,9% dei pazienti) rispetto al gruppo da 10 mg (4,0%) e al gruppo da 25 mg (4,7%) di brensocatib. Infezioni gravi sono state riportate in quattro pazienti (0,7%) sia nel gruppo da 10 mg sia nel gruppo placebo, e in sette pazienti (1,2%) nel gruppo da 25 mg.
Conclusioni
Il trattamento con brensocatib riduce significativamente il tasso annuale di riacutizzazioni rispetto al placebo, con risultati coerenti nei vari sottogruppi. Anche il tempo alla prima riacutizzazione si è allungato e una quota maggiore di pazienti è rimasta libera da riacutizzazioni dopo 52 settimane nei gruppi trattati. Attualmente, la prevenzione delle riacutizzazioni si basa principalmente sul miglioramento della clearance delle vie aeree e sulla gestione delle infezioni con antibiotici. Sebbene i macrolidi orali si siano dimostrati efficaci e gli antibiotici inalatori abbiano mostrato benefici in alcuni studi, i dati sui mucolitici restano incerti. La necessità di trattamenti alternativi è quindi evidente, soprattutto in caso di resistenze o intolleranze. L’infiammazione neutrofilica, centrale nella patogenesi delle bronchiectasie, era poco considerata come target terapeutico.
Questo farmaco, pertanto, potrebbe rappresentare un’alternativa valida per i pazienti che non possono assumere antibiotici a lungo termine. Sono necessari ulteriori studi di confronto con le terapie attuali per valutarne l'efficacia a lungo termine.
Bibliografia di riferimento
- Chalmers JD, Elborn S, Greene CM. Basic, translational and clinical aspects of bronchiectasis in adults. Eur Respir Rev 2023;32:230015.
- Chalmers JD, Polverino E, Crichton ML, et al. Bronchiectasis in Europe: data on disease characteristics from the European Bronchiectasis registry (EMBARC). Lancet Respir Med 2023;11:637–49.
- Polverino E, Goeminne PC, McDonnell MJ, et al. European Respiratory Society guidelines for the management of adult bronchiectasis. Eur Respir J 2017;50:1700629.