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L’oscillometria, o tecnica delle oscillazioni forzate, è una metodica per la misurazione della funzionalità respiratoria che si basa sull’applicazione di onde pressorie sovrapposte alla respirazione a volume corrente (1). Descritta per la prima volta da Dubois e colleghi nel 1956 (2), negli ultimi anni la tecnica ha assunto un ruolo sempre maggiore grazie agli avanzamenti tecnologici e al maggior numero di evidenze a sostegno.
Tramite l’analisi dei cambiamenti di flusso e pressione durante le oscillazioni, l’oscillometria è in grado di calcolare l’impedenza (Z) del sistema respiratorio, ovvero una rappresentazione d’insieme delle sue proprietà meccaniche. L’impedenza può infatti essere suddivisa in due componenti: la resistenza (R), che esprime l’opposizione del sistema respiratorio ai cambiamenti di flusso, e la reattanza (X), che dipende da inertanza ed elastanza, ed esprime l’opposizione del sistema respiratorio ai cambiamenti di pressione (1).  
Sebbene la spirometria continui a costituire il “gold standard” per la valutazione della funzionalità respiratoria, l’oscillometria presenta alcuni vantaggi. Tra questi, il più rilevante è sicuramente la ridotta collaborazione necessaria da parte del soggetto, in quanto non sono richieste manovre forzate. Ciò la rende particolarmente adatta ad essere utilizzata nelle fasce d’età più estreme, e in generale nei soggetti non in grado di collaborare in modo adeguato nell’esecuzione delle manovre respiratorie. Inoltre, negli ultimi anni, sono stati pubblicati numerosi studi che sottolineano la sua applicabilità come strumento di monitoraggio da remoto, e la sua sensibilità nell’identificare precocemente una compromissione funzionale (3,4). Quest’ultimo aspetto appare particolarmente interessante perché fa apparire l’oscillometria non tanto come un’alternativa alla spirometria, quanto piuttosto una tecnica ad essa complementare.
A oggi, la maggior parte degli studi con l’oscillometria è stata condotta su soggetti con patologie respiratorie, per cui la prevalenza di alterazioni oscillometriche nella popolazione generale non è nota. Ugualmente, è ancora da chiarire la reale correlazione tra queste alterazioni e i sintomi respiratori.
In questo contesto, lo studio pubblicato recentemente da Veneroni e colleghi su American Journal of Respiratory and Critical Care Medicine appare particolarmente interessante, in quanto ha tentato di valutare l'associazione tra anormalità oscillometriche, sintomi respiratori e malattie riferite in un ampio campione di popolazione generale. Sono stati inclusi 7.560 soggetti maggiorenni (18-90 anni) partecipanti allo studio austriaco LEAD (Lung, hEart, sociAl, boDy), randomizzati e stratificati per età, genere e zona di residenza (5). A ogni soggetto è stato somministrato un questionario riguardante la presenza di sintomi respiratori e l’eventuale pregressa diagnosi di malattie respiratorie. Sono state inoltre registrate le caratteristiche di base, tra cui l'altezza, il peso, l'età e l'abitudine al fumo. Successivamente ogni partecipante è stato sottoposto a spirometria e oscillometria (utilizzando un segnale multifrequenza comprendente frequenze a 5, 11 e 19 Hz). Per ognuno di essi sono stati valutati: la resistenza a 5 Hz, totale (R5), inspiratoria (R5insp) ed espiratoria (R5exp); la reattanza a 5 Hz, totale (X5), inspiratoria (X5insp) ed espiratoria (X5exp); l’area sotto la curva della reattanza (AX) e la limitazione di flusso a volume corrente (EFLT), definita come X5insp-X5exp (ΔXrs) > 2,8. R5, R5insp, R5exp, e AX sono stati classificati come "anormali" se i loro z-scores erano superiori a 1,64, mentre X5, X5insp, e X5exp sono stati classificati come "anormali" se i loro z-scores erano inferiori a -1,64.
La prevalenza complessiva di anormalità nei parametri funzionali è stata del 19,9% per l’oscillometria e del 13% per la spirometria. Un totale di 2.171 soggetti ha riferito sintomi o malattie respiratorie. Di questi, 587 (27%) presentavano alterazioni oscillometriche, 483 (22,2%) alterazioni spirometriche e 840 (38,7%) alterazioni oscillometriche o spirometriche.
La probabilità di riscontrare un’alterazione all’oscillometria aumentava significativamente con l’aumentare del numero di sintomi, così come in caso di diagnosi di malattia respiratoria. Interessante come l’oscillometria risultasse alterata nel 17% dei soggetti che dichiaravano sintomi o malattie respiratorie, ma che presentavano una spirometria nella norma. Questo dato confermerebbe la capacità della metodica in oggetto di riconoscere anormalità funzionali non ancora individuabili tramite spirometria, e ne supporterebbe l’utilizzo come complemento nella valutazione della funzionalità respiratoria.
Tra tutti i parametri oscillometrici analizzati, EFLT è risultato quello associato al rischio più elevato di manifestare sintomi o patologie respiratorie. La reattanza, inoltre, è apparsa essere un indicatore di sintomi/patologia più sensibile rispetto alla resistenza. Da questo punto di vista, è interessante il fatto che sia stata riscontrata una correlazione molto forte tra AX e X5. Questi dati, nel loro insieme, evidenziano come la reattanza potrebbe essere il parametro più utile per valutare la funzionalità respiratoria e come, sebbene l’utilizzo di frequenze multiple permetta di raggiungere una maggiore robustezza del dato, l’analisi alla frequenza di 5 Hz possa permettere di ottenere in modo semplice la maggior parte delle informazioni clinicamente rilevanti.
Ovviamente questo studio non è privo di limitazioni. Innanzitutto, ve ne sono alcune tecniche riguardanti l’oscillometria, chiaramente riconosciute dagli Autori. Anche l’utilizzo di un questionario per la raccolta dei dati clinici potrebbe essere considerato una limitazione, in quanto la diagnosi di malattia respiratoria era riportata dal soggetto e non oggettivabile. Infine, vi è una parziale discordanza riguardante i dati e la loro interpretabilità, in quanto il 16% dei soggetti non dichiarava sintomi o malattie respiratorie seppur in presenza di un’alterazione della funzionalità polmonare (emersa tramite spirometria o oscillometria). Gli Autori, tuttavia, non hanno fornito una potenziale spiegazione a riguardo.
In conclusione, questo studio permette di approfondire su un campione molto ampio di popolazione generale la relazione tra l’oscillometria e la clinica respiratoria. I suoi risultati supportano l’utilizzo della metodica come tecnica complementare alla spirometria nella valutazione della funzionalità polmonare, ma ulteriori studi, magari longitudinali, sono necessari per comprendere a pieno il valore aggiunto che l’oscillometria può rappresentare.

Bibliografia

  1. King GG, Bates J, Berger KI, et al. Technical standards for respiratory oscillometry. Eur Respir J 2020;55:1900753.
  2. Dubois A, Brody A, Lewis D, et al. Oscillation mechanics of lungs and chest in man. J Appl Physiol 1956;8:587-94.
  3. Qvarnström B, Engström G, Frantz S, et al. Impulse oscillometry indices in relation to respiratory symptoms and spirometry in the Swedish Cardiopulmonary Bioimage Study. ERJ Open Res 2023;9:00736-2022.
  4. Zimmermann SC, Huvanandana J, Nguyen CD, et al. Day-to-day variability of forced oscillatory mechanics for early detection of acute exacerbations in COPD. Eur Respir J 2020;56.
  5. Breyer-Kohansal R, Hartl S, Burghuber OC, et al. The LEAD (Lung, Heart, Social, Body) study: objectives, methodology, and external validity of the population-based cohort study. J Epidemiol 2019;29:315-24.