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Dispnea e ridotta tolleranza all’esercizio sono tra i sintomi più diffusi nelle malattie respiratorie croniche e tra le cause più comuni di riduzione della qualità della vita. Oggi è noto come il test da sforzo cardiopolmonare (CPET) sia in grado di fornire informazioni relative all’asse cardio-respiratorio-metabolico, in termini di misura della capacità aerobica/metabolica oltre che delle riserve ventilatoria e cardiaca. Questa review si concentra sull’applicazione di valutazioni cliniche in relazione ai meccanismi fisiopatologici, a riposo e sotto sforzo, inerenti le principali malattie croniche respiratorie (Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva o BPCO, patologie restrittive, ipertensione arteriosa polmonare e asma).
L’interesse dello pneumologo riguarda la valutazione della severità della dispnea e della cause correlate sotto sforzo. Questo include: 1) risposta soggettiva: scala di Borg in funzione del carico di lavoro e/o della ventilazione; 2) controllo ventilazione (Ve/WR, VCO2, SpO2, PetCO2) in funzione del carico di lavoro (WR); 3) meccanica della dinamica respiratoria: variazione IC, IRV, VT e frequenza respiratoria sotto sforzo; 4) risposte metabolica/cardiocircolatoria: VO2/WR, VCO2/VO2 (V-slope), HR e polso O2.
Fisiologicamente il sistema respiratorio è in grado su richiesta di aumentare la ventilazione (Ve) in relazione alla ventilazione alveolare (Va) grazie a rapporto bilanciato V/Q e riduzione dell’EELV (End Expiratory Lung Volume) con relativo aumento di IC, permettendo un incremento del Volume corrente (Vt). Questo meccanismo si riduce con l’età come dimostrato in diversi studi (1, 2) a causa di riduzione della superficie alveolo-capillare, disequilibrio V/Q, riduzione della compliance toraco-polmonare. Tutto ciò si tramuta in riduzione del consumo di ossigeno (VO2), della gittata cardiaca (per concomitante riduzione di HR e gittata sistolica), nonostante un normale equilibrio di gittata cardiaca/VO2, sebbene i pazienti più anziani necessitino di maggiore afflusso di sangue a livello muscolare periferico per garantire normale gittata cardiaca (3).
Nel paziente BPCO si assiste a riduzione della DLco ed ostruzione al flusso aereo già a riposo. Sotto sforzo si notano: incremento di Ve/VCO2 in associazione ad aumento delle resistenze aeree ed iperinflazione dinamica a causa dell’ostruzione delle vie aeree che causa riduzione della capacità inspiratoria (per aumento dell’EELV) accoppiata a netto incremento del drive neurale (chemostimolazione recettoriale) con comparsa di dispnea e fatica muscolare. Questa stimolazione avviene anche per disequilibrio di V/Q, desaturazione ossiemoglobinica, disequilibrio acido/base (precoce acidosi metabolica ed iperventilazione).
Nei casi più gravi di iperinflazione (ed aumento pressione intratoracica) si osservano conseguenze sulla riduzione del ritorno venoso e relativo ridotto precarico destro con successiva disfunzione del ventricolo sinistro.
Nell’asma, durante l’esercizio, si assiste a meccanismi di iperinflazione dinamica simili alla BPCO, ma con differenze relative all’induzione della broncocostrizione. Infatti, una precoce acidosi metabolica ed aumento di Vd/Vt correla con disidratazione delle vie aeree, un potente trigger per la broncocostrizione (4).
Nelle patologie restrittive il paziente non riesce ad incrementare il Vt secondariamente a riduzione di TLC e IC. Nelle interstiziopatie si assiste ad un danno del microcircolo polmonare con conseguente alterazione degli scambi gassosi e della DLco. L’incremento della domanda metabolica causa intensa dispnea, con relativa iperattività dei chemorecettori centrali. Tutto ciò si traduce in eccessivo aumento di Ve/VCO2 ed ipossemia (Pet02); quest’ultima, durante lo sforzo, occorre simultaneamente per disequilibrio di V/Q e alterazione della diffusione. Non si nota tipicamente ipoventilazione alveolare, ma l’alterazione dinamica della meccanica respiratoria nel paziente ristretto riflette un elevato rapporto Vt/IC con un plateau del volume corrente appena raggiunto il valore critico di volume di riserva inspiratoria (IRV). Perciò, per meccanismi diversi, nelle patologie restrittive, si genera un incremento del rapporto Vd/Vt come nel BPCO, precludendo ad inefficienza ventilatoria ed aumento dell’attività del drive neurale. Diversi studi dimostrano come l’IC rimanga alterata durante l’esercizio, riflettendo un diminuito volume di riserva espiratoria e ridotta abilità nel ridurre il volume di fine espirazione (EELV) (5, 6). La funzione dei muscoli inspiratori normalmente non è ridotta nei pazienti con ILD, i quali spesso però si trovano svantaggiati a livello metabolico da ulteriori comorbilità quali cachessia, malnutrizione, terapia corticosteroidea cronica, disturbi elettrolitici, decondizionamento muscolo-scheletrico. A tutto ciò si somma il successivo aumento di pressione arteriosa polmonare durante esercizio, necessario in caso di aumento delle resistenze vascolari per garantire una sufficiente gittata cardiaca; meccanismo che in questi pazienti, affetti da alterazione del letto vascolare interstiziale, diventa molto problematico.
I pazienti affetti da ipertensione arteriosa polmonare sono costantemente in difficoltà respiratoria per diverse condizioni evidenziabili in corso di CPET: 1) inefficienza degli scambi gassosi intrapolmonari; 2) variabile desaturazione ossiemoglobinica 3) risposta iperdinamica ventilatoria e cardiocircolatoria (aumento degli slope, del rapporto HR/VO2); 4) ridotto consumo di O2 al picco (VO2 peak). Normalmente si sospetta questa condizione in corso di esercizio in caso di normale risposta ventilatoria nelle curve respiratorie. La Ve risulta aumentata per qualunque grado di intensità d’esercizio, riflettendo scarsa perfusione relativamente a ventilazione. Anche in questo caso si assiste ad aumentato Vd/Vt, sia per riduzione del Vt (per alterazione del letto vascolare) sia per aumentato rapporto V/Q.
In conclusione si può sottolineare come nella diagnosi differenziale in corso di CPET sia importante confrontare il comportamento del Vt e delle curve respiratorie (nel BPCO tipicamente il Vt è ridotto a seguito di iperinflazione dinamica, mentre nelle ILD la restrizione è caratterizzata da ridotta TLC e IRV durante sforzo, nonostante un buon funzionamento dei muscoli inspiratori che permette di difendersi “lavorando’’ a bassi volumi).
La conoscenza dei meccanismi fisiopatologici sotto sforzo di queste patologie può aiutare nella scelta del trattamento terapeutico più adeguato, ad esempio con allenamento fisico e programma riabilitativo per ridurre un’esagerata risposta neurale o con supplemento di O2 terapia o con trattamento di oppiacei; fino a giungere a massimalizzare (anche precocemente) una terapia broncodilatatrice per ridurre il calo di IC o un allenamento mirato a specifiche aree muscolari. Tutto questo permetterà di identificare diversi fenotipi di pazienti con lo scopo di indirizzare verso trattamenti più precisi. 

 

Bibliografia

  1. Ofir D, Laveneziana P, Webb KA, et al. Mechanisms of dyspnea during cycle exercise in symptomatic patients with GOLD stage I chronic obstructive pulmonary disease. Am J Respir Crit Care Med 2008;177:622-9.
  2. Faisal A, Webb KA, Guenette JA, et al. Effect of age-related ventilatory inefficiency on respiratory sensation during exercise. Respir Physiol Neurobiol 2015;205:129-39.
  3. Betik AC, Hepple RT. Determinants of VO2 max decline with aging: an integrated perspective. Appl Physiol Nutr Metab 2008;33:130-40. 
  4. Parsons JP. Exercise-induced bronchoconstriction. Otolaryngol Clin North Am 2014;47:119-26.
  5. Marciniuk DD, Sridhar G, Clemens RE, et al. Lung volumes and expiratory flow limitation during exercise in interstitial lung disease. J Appl Physiol (1985) 1994;77:963-73.
  6. O'Donnell DE, Chau LK, Webb KA. Qualitative aspects of exertional dyspnea in patients with interstitial lung disease. J Appl Physiol (1985) 1998;84:2000-9.