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La broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) e la sindrome dell’apnea ostruttiva nel sonno (OSAS) sono due patologie respiratorie, molto diverse per patogenesi, che occasionalmente possono coesistere nello stesso individuo. La loro associazione viene spesso indicata come “overlap syndrome”. La presenza di OSAS in soggetti con BPCO facilita la comparsa di ipossiemia ed ipercapnia, nonché di ipertensione polmonare stabile, anche quando il grado di ostruzione bronchiale è relativamente lieve. In soggetti con BPCO, il trattamento delle apnee mediante CPAP può essere seguito da miglioramenti delle tensioni dei gas arteriosi e probabilmente anche dei valori spirometrici.

L’articolo in esame riguarda la mortalità di pazienti in ossigenoterapia con overlap syndrome, trattati o non trattati con CPAP. Gli autori hanno reclutato 95 pazienti con BPCO subito dopo una diagnosi polisonnografica di OSAS. Sia la BPCO, sia l’OSAS erano di grado moderato o severo (FEV1 medio: 41,5% del teorico; AHI medio: 43,2). Oltre ad essere ipossiemici, molti pazienti erano ipercapnici. Dei pazienti, tutti avviati all’ossigenoterapia a lungo termine, solo 61 si sono sottoposti a trattamento con CPAP per le loro apnee. Gli autori hanno quindi valutato prospetticamente la mortalità dei pazienti in rapporto al fatto che praticassero o no il trattamento con la CPAP. Durante un follow-up della durata di 41 mesi (range: 6-106 mesi) entrambi i gruppi di pazienti mostravano una simile riduzione dell’ematocrito e della frequenza di ricoveri ospedalieri rispetto all’anno che aveva preceduto il reclutamento, ma il tasso di mortalità si dimostrava maggiore nel gruppo non trattato con CPAP (79,4% nei non trattati con CPAP, contro 19,7% nei trattati). La causa più frequente del decesso, rilevata da certificati di morte, era in entrambi i gruppi l’insufficienza respiratoria. Anche se i pazienti trattati con CPAP avevano un minor tasso di comorbidità ed un grado di ostruzione delle vie aeree meno severo, l’analisi multivariata dimostrava che il trattamento con CPAP era stato il fattore che aveva contribuito maggiormente alla loro migliore sopravvivenza.

Il lavoro è efficace nel dimostrare l’effetto della CPAP sulla mortalità nei pazienti studiati, per quanto presenti alcuni limiti.

Il trattamento con CPAP è stato istituito dopo soltanto una “split-night polysomnography” (esame eseguito per metà della notte a scopo diagnostico, e per metà ai fini della titolazione della CPAP). In pazienti con overlap syndrome la titolazione della CPAP è spesso più difficile da portare a termine in un tempo così ridotto che nei soggetti con OSAS pura. Non sappiamo poi se per tutti i pazienti la CPAP fosse la forma di trattamento più efficace per i disturbi respiratori notturni. Peraltro, gli autori non forniscono alcun dato sui risultati polisonnografici della loro titolazione, affermando semplicemente che essa veniva eseguita secondo criteri standard e durante somministrazione di ossigeno.

Non sono riportati dati di follow-up sulla funzionalità respiratoria, che avrebbero confermato i possibili benefici su di essa della CPAP e fornito importanti indicazioni su un possibile contributo di un suo miglioramento alla minore mortalità. Inoltre, il ruolo dell’ossigenoterapia nei pazienti studiati rimane poco chiaro, poiché è possibile che in alcuni di essi i valori emogasanalitici fossero divenuti soddisfacenti anche in assenza di somministrazione di O2.

Un ulteriore punto oscuro riguarda gli effetti dell’ossigenoterapia sulla funzione respiratoria notturna nei pazienti non sottoposti a CPAP. Nei pazienti con OSAS, in assenza di CPAP l’ossigeno infatti può prolungare il tempo trascorso in apnea e peggiorare l’ipercapnia nel sonno. Il beneficio riportato anche dai pazienti non trattati con CPAP sulla frequenza delle ospedalizzazioni e sui valori dell’ematocrito dimostrerebbe comunque che gli effetti prevalenti dell’ossigeno siano stati positivi. Altri limiti del lavoro, riportati dagli autori, consistono nella mancanza di dati oggettivi di aderenza all’uso della CPAP ed all’ossigenoterapia.

L’importanza dell’OSAS nel peggiorare il quadro clinico dei pazienti con BPCO è nota da molto tempo. Nonostante la mancanza di alcuni dati che avrebbero aiutato ad interpretare meglio i risultati osservati, questo studio porta una dimostrazione diretta che il trattamento dell’OSAS mediante CPAP in soggetti con BPCO riduce la mortalità. Si conferma così che la presenza di OSAS nella BPCO è di importanza fondamentale nel condizionare la prognosi della malattia e sempre più si rende evidente quanto sia importante prendere in considerazione la funzione respiratoria nel sonno per mettere a punto al meglio il trattamento della BPCO.

A cura del Dr. Oreste Marrone