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L’intrigante idea di questa review è quella di riassumere le più recenti evidenze cliniche riguardanti i meccanismi patogenetici alla base dell’interazione tra asma e sindrome delle apnee del sonno (OSA) e di comprenderne i risvolti clinici. L’asma e l’OSA sono disturbi respiratori cronici diffusi strettamente correlati che condividono fattori di rischio e meccanismi patogenetici.
Tra i fattori di rischio condivisi abbiamo l’obesità, il Reflusso Gastroesofageo (RGE) e la rinite. L’obesità correla a un incremento di incidenza e gravità dell’asma. Nell’obeso si ha una alterazione della meccanica polmonare, un aumento della produzione di adipochine, dell’iperreattività bronchiale e dello stato pro-infiammatorio che favorisce sia la comparsa di asma che di OSA (1). I pazienti con RGE hanno probabilità due volte maggiore di avere asma o riacutizzarlo rispetto ai controlli. L’esposizione acida da RGE aumenta il tono vagale e di conseguenza le resistenze respiratorie e la reattività bronchiale (2). Infine la rinite cronica è comunemente associata all’asma e agisce favorendo un incremento delle cellule infiammatorie e della reattività bronchiale (3).
I dati epidemiologici e le relative metanalisi dimostrano che la prevalenza di OSA è 2-3 volte maggiore nei pazienti con asma. Da questi studi si evince la presenza di una relazione dose-dipendente tra asma e OSA: quanto è più lunga la storia di asma tanto è più probabile il manifestarsi di OSA. In aggiunta si dimostra che pazienti con asma grave di difficile controllo, quindi soggetti che utilizzano una terapia massimale con steroide inalatorio (ICS), hanno un aumento di incidenza di OSA. Un altro dato interessante è che indipendentemente dalla gravità dell’asma, gli eventi respiratori registrati alla polisonnografia sono principalmente ipopnee con arousal corticali. Quest’ultima osservazione può spiegare perché in studi in cui si utilizzava la poligrafia si registrava una minore prevalenza di OSA asma-relato (4). Da questi dati possiamo trarre importanti considerazioni cliniche. Da una parte la poligrafia, che è la metodica maggiormente utilizzata per la diagnostica, può sottovalutare la gravità dell’OSA nel paziente asmatico, dall’altra l’asma potrebbe “fenotipizzare” l’OSA influenzando la soglia di arousal.
Al di là dei fattori di rischio in comune e dei dati epidemiologici i meccanismi patogenetici alla base dell’interazione asma e OSA parrebbero essere dovuti in parte all’azione dell’infiammazione sistemica o neuroimmune che altera i controlli dei meccanismi deputati alla respirazione e in parte agli effetti degli ICS sui muscoli delle vie aeree superiori e sul contenuto di grassi a livello del collo.
Per quanto riguarda l’infiammazione è noto che l’asma è una patologia cronica complessa che determina ipersecrezione di muco, iperreattività bronchiale e rimodellamento delle vie aeree e del parenchima circostante. Nella patogenesi dell’asma tradizionalmente è principalmente implicata l’infiammazione di tipo Th2. La presenza di OSA nel paziente asmatico può favorire uno shift verso la comparsa di infiammazione di tipo Th1 e contribuire così a complicare la malattia stessa. Dati recenti evidenziano nei pazienti asmatici con OSA la presenza di una quota maggiore di neutrofilia nell’escreato rispetto ai controlli. In aggiunta è stato anche visto in un gruppo di pazienti con asma difficile e OSA un assottigliamento della membrana basale endobronchiale rispetto a quelli con asma senza OSA. Un corpus solido della letteratura sostiene che l’ipossia cronica intermittente, tipica dell’OSA, possa determinare una infiammazione di tipo Th1 favorendo così nel paziente asmatico una riduzione del numero degli eosinofili, una maggior propensione ai processi di rimodellamento e infine la comparsa di limitazione di flusso (4). La correlazione asma e OSA risulta però ancora più complessa perché l’infiammazione nell’asma comincia già nelle prime fasi della vita e perché l’ipossiemia che si può manifestare in corso di riacutizzazione può influenzare la comparsa di una instabilità respiratoria. Inoltre l’OSA una volta manifestato non si presenta come uno spettatore innocente, ma va ad agire, come detto in precedenza, modulando la risposta infiammatoria in senso Th1. L’interazione tra tali condizioni favorisce il rimodellamento e la disfunzione endoteliale rendendo meno efficace la terapia effettuata per il trattamento dell’asma peggiorando di conseguenza l’outcome clinico.
Per quanto riguarda gli effetti della terapia è interessante notare che in una indagine clinica condotta su pazienti asmatici, l’uso degli ICS è stato visto avere una associazione di tipo dose-dipendente con l’incremento del rischio di russamento e di OSA indipendentemente dalla gravità dell'asma e da altri fattori di rischio noti, come l’obesità. I dati presenti in letteratura suggeriscono che l’ICS modifica la struttura e, in ultima analisi, la pressione critica rendendo la via aerea più incline al collasso. 
Altre considerazioni interessanti sono quelle inerenti all’approccio terapeutico del paziente con OSA e asma dove i dati presenti in letteratura risultano discordanti. Negli studi prospettici si dimostra che l’utilizzo di ventilazione a pressione positiva (CPAP) garantisce un miglior controllo dei sintomi asma-relati, ma sembrerebbe non influire sul miglioramento della funzionalità respiratoria. Quest’ultima considerazione potrebbe essere secondaria al rimodellamento irreversibile delle vie aeree che si attua quando l’OSA è riconosciuto in fase tardiva tenendo sempre in considerazione che negli studi analizzati vi è una mancanza di uniformità dei dati riguardanti l’utilizzo effettivo di CPAP e dei regimi di trattamento attuati per asma. L’utilizzo di trattamenti alternativi come il dispositivo di avanzamento mandibolare (MAD) e l’opzione chirurgica risultano per lo più inesplorati nella concomitanza di OSA e asma.
Anche il ruolo della differenza di genere nella patogenesi asma/OSA rimane ancora da definire. Dai pochi dati presenti sembra che il sesso femminile, che rappresenta la maggior parte dei pazienti asmatici, sia più soggetto al manifestarsi delle condizioni in associazione.
In conclusione questa review oltre a identificare i meccanismi alla base delle relazione tra asma e OSA suggerisce, al fine di poter identificare il prima possibile la presenza di un’associazione tra le due condizioni e migliorare l’outcome del paziente, l’esecuzione di uno screening per OSA nei pazienti con patologia asmatica di più lunga durata, non clinicamente controllata o che necessita di un uso di ICS a dosi elevate. Inoltre suggerisce l’esecuzione di studi futuri progettati con popolazioni ben caratterizzate per chiarire la patogenesi dell’OSA nell’asma e il ruolo dell’OSA nell’eterogeneità dell'asma, l’implicazione delle differenze sessuali, della risposta ai farmaci per poter così garantire un approccio completo e personalizzato alla cura del paziente.
 

Bibliografia

  1. Teodorescu M, Polomis DA, Gangnon RE, et al. Sleep duration, asthma and obesity. J Asthma 2013;50:945-53.
  2. Emilsson OI, Bengtsson A, Franklin KA, et al. Nocturnal gastro-oesophageal reflux, asthma and symptoms of OSA: a longitudinal, general population study. Eur Respir J 2013;41:1347-54.
  3. Braunstahl GJ. Chronic rhinosinusitis, nasal polyposis and asthma: the united airways concept reconsidered? Clin Exp Allergy 2011;41:1341-3.
  4. Taille C, Rouvel-Tallec A, Stoica M, et al. Obstructive sleep apnoea modulates airway inflammation and remodelling in severe asthma. PLoS One 2016;11(3).