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Asma e inquinamento indoor. Non va bene nelle scuole e nelle case italiane

Fra le mura delle scuole italiane si respira una cattiva aria. I livelli di anidride carbonica, polveri sottili PM2.5, biossido di azoto ed altri inquinanti irritanti superano i valori stabiliti dalle istituzioni. Inoltre, solo 4 scuole su 248 monitorate sono in possesso di un protocollo scritto finalizzato a mantenere una buona qualità dell’aria all’interno dell’edificio scolastico.

A dirlo sono i dati emersi da un’iniziativa europea, il Progetto Ccm Indoor School, finanziata dalla Commissione Europea e coordinata dall’Istituto Superiore di Sanità rappresentato da Carlo Pini nella veste di Responsabile Scientifico e Annamaria De Martino in qualità di referente istituzionale.

L’inquinamento indoor rappresenta la principale causa di decesso legata all’ambiente e aumenta il rischio di malattie respiratorie a livello globale, nonchè di allergie e/o asma. I promotori dell’iniziativa intendono sensibilizzare i decisori politici al fine di orientare Per questa ragione i promotori dell’iniziativa

Il progetto, della durata di 3 anni, ha coinvolto 248 strutture scolastiche e ha messo in evidenza come i livelli di biossido di azoto, di polveri sottili PM 2.5, di anidride carbonica e di altri agenti inquinanti irritanti superino i limiti stabiliti dalle autorità sanitarie in materia di inquinamento indoor. Inoltre, circa la metà dei docenti risulta non in grado di gestire un attacco acuto di asma e nel 96% dei casi analizzati non esiste un programma di formazione rivolto agli insegnanti.

Tra le mura domestiche le cose non vanno meglio. Infatti, nell’ambito del Progetto Ccm Indoor School, è stato avviato uno studio clinico volto a misurare la qualità dell’aria indoor delle abitazioni di 303 adolescenti asmatici di Palermo, come campione rappresentativo delle abitazioni italiane. La ricerca, condotta presso l’Istituto di biomedicina e immunologia molecolare del Consiglio Nazionale delle Ricerche, pubblicata sulle pagine della rivista Enviromental Research, ha rilevato che nel 25% delle abitazioni monitorate il livello del biossido di azoto supera i limiti stabiliti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.

“Tale valutazione ha messo in evidenza come i livelli di biossido di azoto (NO2) superino nel 25% dei casi i limiti (40 µg/m3) indoor definiti dall’Organizzazione mondiale della sanità”, spiega Fabio Cibella dell’Ibim-Cnr. “I livelli più elevati di NO2, un inquinante secondario irritante per le vie aeree e prodotto da qualsiasi processo di combustione in atmosfera, sono stati messi in relazione ad una maggiore prevalenza di disturbi respiratori negli adolescenti. È risultato esposto ad elevate concentrazioni di NO2 nella propria abitazione quasi il 90% dei soggetti asmatici, mentre il 22% dei soggetti allergici ed esposti a elevate concentrazioni di NO2 indoor presentano asma corrente. Anche la funzione respiratoria, misurata mediante spirometria, è risultata peggiore del 15% nei ragazzi esposti a livelli più elevati di NO2 con storia di asma”.

I dati emersi confermano come l’inquinamento indoor aumenti la frequenza dei sintomi di natura respiratoria, provochi una netta riduzione della funzionalità polmonare.

“Questo ancora una volta pone il problema degli effetti dell’inquinamento urbano sulla salute delle fasce di popolazione più suscettibile (bambini, anziani, adulti con preesistente patologia) anche all’interno delle proprie case”, conclude il direttore dell’Ibim-Cnr Giovanni Viegi. “Nonostante l’NO2 derivi anche da sorgenti specificatamente indoor quali le cucine e le caldaie a gas, bisogna notare che sono proprio le abitazioni delle zone cittadine più centrali e quindi più trafficate a mostrare i livelli maggiori di inquinamento. I nostri dati, che derivano da un sotto campione di una vasta indagine epidemiologica che ha coinvolto negli anni passati oltre duemila adolescenti palermitani, appaiono pertanto utili e adattabili a qualunque realtà urbana italiana analoga”.

Ufficio Stampa AIPO