Usando questo sito si accetta l'utilizzo dei cookie per analisi, contenuti personalizzati e annunci.
Cresce la spesa sanitaria a carico delle famiglie, al Sud si rinuncia a curarsi

La spesa sanitaria italiana out-of-pocket - ovvero quella a carico delle famiglie - cresce senza sosta dal 2012, e nel 2022 (ultimi dati ISTAT disponibili) ha quasi raggiunto i 37 miliardi di euro, con una spesa media da parte dei 25,2 milioni di famiglie italiane pari a 1.362 euro l’anno, oltre 64 euro in più rispetto al 2021.
Qual è la causa? Semplice: la crisi del Sistema Sanitario Nazionale, con tutti gli annessi e connessi del caso in termini di mancati investimenti, fuga del personale sanitario, carenza della prevenzione, strutture ospedaliere obsolete, e via denunciando, come hanno scritto giorni fa nel loro appello 14 uomini di scienza, tra cui il Nobel per la Fisica Giorgio Parisi.
Ora, a lanciare l’allarme, è la Fondazione GIMBE, che segnala – sulla base dei dati ISTAT, appunto – come 4,2 milioni di famiglie, soprattutto al Sud, siano state costrette nel 2022 a limitare le spese per la salute. Nello stesso anno, più di 1,9 milioni di persone hanno dovuto rinunciare a prestazioni sanitarie per ragioni economiche, e la salute di oltre 2,1 milioni di famiglie italiane indigenti risulta, naturalmente, sempre più a rischio.
«Considerato il rilevante impatto sui bilanci familiari della spesa sanitaria out-of-pocket – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente di Fondazione GIMBE – e tenuto conto di un contesto caratterizzato dalla grave crisi di sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale e dall’aumento della povertà assoluta, abbiamo analizzato vari indicatori per misurare le dimensioni di questo preoccupante fenomeno, utilizzando esclusivamente i dati pubblicati da ISTAT. L’obiettivo è fornire una base oggettiva per il dibattito pubblico e le decisioni politiche, oltre a prevenire strumentalizzazioni basate sull’enfasi posta su singoli dati».

Spesa sanitaria, i dati ISTAT
Stando all’ISTAT, nel 2022 la spesa sanitaria totale in Italia ammonta a 171.867 milioni di euro, 130.364 milioni dei quali di spesa pubblica (75,9%) e 41.503 milioni di spesa privata. Tra questi ultimi, 36.835 milioni di euro (21,4% del totale) sono out-of-pocket, e “solo” 4.668 milioni di euro (2,7% del totale) intermediati da fondi sanitari e assicurazioni. «Se da un lato la spesa out-of-pocket supera la soglia del 15% concretizzando di fatto, secondo i parametri dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, un sistema sanitario misto – commenta il Presidente – quasi l’89% della spesa privata è a carico delle famiglie». E nell’ultimo decennio considerato, quello compreso tra 2012 e 2022, la spesa out-of-pocket è aumentata in media dell’1,6% annuo, per un totale di 5.326 milioni di euro in 10 anni. Così nel 2022 la media nazionale delle spese per la salute è pari a 1.362,24 euro a famiglia, in lieve ma costante aumento rispetto ai 1.298,04 del 2021. «Ad eccezione del Nord-Ovest – spiega il Presidente – dove si registra una lieve riduzione, l’aumento delle spese per la salute riguarda tutte le macro-aree del Paese: al Centro e al Sud si registrano aumenti di oltre 100 euro a famiglia».

Per la salute si spende sempre meno
Stando all’ ISTAT, però, a cambiare nel 2022 sono state anche le abitudini di spesa, dato che il 16,7% delle famiglie dice di avere limitato gli esborsi per visite mediche e accertamenti, con Nord-Est (10,6%), Nord-Ovest (12,8%) e Centro Italia (14,6%) sotto la media nazionale, ma tutto il Sud al di sopra della media stessa, di poco per quanto riguarda le Isole (18,5%), di oltre 10 punti percentuali, invece, per il Sud (28,7%), dove a tirare la cinghia rispetto alle spese mediche è stata più di una famiglia su 4.
In più Fondazione Gimbe ha preso in esame anche i dati ISTAT sulla Qualità della vita, secondo i quali il 4,2% delle famiglie italiane dichiara di non disporre, in alcuni periodi dell’anno, del denaro necessario per far fronte a spese causate dalle malattie, con Nord-Est (2%), Centro (3,1%) e Nord-Ovest (3,2%) al di sotto della media nazionale, e di nuovo il Mezzogiorno al di sopra: le Isole sono al 5,3% e il Sud all’8%, quasi il doppio della media nazionale. Tra l’altro il contenimento delle spese sanitarie contribuisce a contenere, per forza di cose, il totale delle spese out-of-pocket, mentre un altro dato assai allarmante è quello portato dal Rapporto sul Benessere Equo e Sostenibile (BES) 2022, realizzato in collaborazione tra ISTAT e CNEL, che documenta come la percentuale di persone che rinunciano a prestazioni sanitarie – dopo i dati drammatici del periodo pandemico (9,6% nel 2020 e 11,1% nel 2021) – nel 2022 si sia attestata al 7%, misura comunque più alta rispetto al pre-pandemia (6,3%). In pratica ci si trova di fronte a oltre 4,13 milioni di persone che, come spiega Cartabellotta «dichiarano di aver rinunciato nell’ultimo anno a visite specialistiche o esami diagnostici pur avendone bisogno, per uno o più motivi: problemi economici (impossibilità di pagare, costo eccessivo), difficoltà di accesso (struttura lontana, mancanza di trasporti, orari scomodi), lunghi tempi di attesa». In particolare, nel 2022 ha rinunciato alle cure per motivi economici il 3,2% della popolazione, ovvero quasi 1,9 milioni di persone.

Cresce la povertà assoluta
Resta poi il problema aggiuntivo – notevole- degli Italiani in condizioni di povertà assoluta. Stando all’ISTAT, tra 2021 e 2022 il rapporto tra le famiglie con spesa sotto la soglia di povertà e il totale delle famiglie residenti nel nostro Paese è salita dal 7,7% al 8,3%, con un incremento di quasi 2,1 milioni di famiglie in un solo anno. Il Nord-Est, passato dal 7,1% al 7,9%, è la zona che ha mostrato i risultati più sconfortanti, seguito dal Sud (passato dal 10,5% all'11,2%) e dalle Isole (dal 9,2% al 9,8%). Anche Nord-Ovest e Centro hanno registrato un aumento, seppure più contenuto (0,4%), testimoniando che il fenomeno della povertà assoluta è diffuso su tutto il territorio nazionale. E le cose non sembrano andate meglio per il 2023: le stime ISTAT per i 12 mesi successivi a quelli considerati prevedono infatti un ulteriore aumento della povertà assoluta delle famiglie dall’8,3% all’8,5%, con conseguente incremento della rinuncia alle cure e altrettanto conseguente riduzione dell’aspettativa di vita per i più poveri.

Rinuncia alle cure, soprattutto al Sud
“Dalle nostre analisi – conclude Cartabellotta – emergono tre considerazioni. Innanzitutto, l’entità della spesa out-of-pocket, seppur in lieve e costante aumento, sottostima le mancate tutele pubbliche, perché viene arginata da fenomeni conseguenti alle difficoltà economiche delle famiglie: la limitazione delle spese per la salute, l’indisponibilità economica temporanea, e la rinuncia alle cure. In secondo luogo, questi fenomeni sono molto più frequenti nelle Regioni del Mezzogiorno, proprio quelle dove l’erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza è inadeguata: di conseguenza, l’insufficiente offerta pubblica di servizi sanitari associata alla minore capacità di spesa delle famiglie del Sud condiziona negativamente lo stato di salute e l’aspettativa di vita alla nascita, un indicatore che vede tutte le Regioni del Mezzogiorno al di sotto della media nazionale. Infine, lo status di povertà assoluta che coinvolge oggi più di 2 milioni di famiglie richiede urgenti politiche di contrasto alla povertà, non solo per garantire un tenore di vita dignitoso a tutte le persone, ma anche perché le diseguaglianze sociali nell’accesso alle cure e l’impossibilità di far fronte ai bisogni di salute con risorse proprie rischiano di compromettere la salute e la vita dei più poveri, in particolare nel Mezzogiorno, dove l’impatto sanitario, economico e sociale senza precedenti rischia di peggiorare ulteriormente con l’autonomia differenziata».
Gli appelli, insomma, si moltiplicano. Restiamo in attesa delle risposte.

 

Alessandra Rozzi
Ufficio Stampa AIPO-ITS/ETS