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La Pneumologia dopo il COVID-19. La lettera di Marco Confalonieri al Corriere della Sera

L’Oms il 2 settembre conteggiava in Germania circa 32 milioni di casi confermati contro i 22 milioni di casi Covid italiani, ma 28.021 morti in meno: 147.642 contro i 175.663 dell’Italia che, rapportato per numero di abitanti, fa circa 3 morti tedeschi ogni 4 italiani. Entrambi i Paesi hanno un sistema pubblico, ma l’Italia ha decimato i letti ospedalieri e in particolare quelli pneumologici (-16% dal 2011 al 2017) portandoci al 65esimo posto mondiale (dietro a Gabon e Corea del Nord) con 2.5 letti ospedalieri per mille abitanti, mentre la Germania ha 8 letti ogni mille abitanti e più in unità intensive pneumologiche.

Potrebbe esser questa, insieme alla mancata integrazione con il territorio, la chiave interpretativa della poco tempestiva risposta ospedaliera alla prima ondata Covid quando al Nord mancavano letti per chi si ammalava di polmonite. Infatti, a maggio 2020 un decreto aumentò di 4.425 posti-letto le semi-intensive respiratorie. Poi ci si accorse che mancavano pneumologi e a fine 2020 i posti nelle scuole di specializzazione in malattie respiratorie triplicarono, ma non si cercò l’integrazione ospedali-territorio.

Come esempio, nell’ospedale universitario di Trieste i 17 posti di pneumologia del 2019 sono diventati 36 durante la pandemia e nonostante ciò rifiutammo pazienti per eccesso di richieste, mentre le borse per specializzandi passarono da 3 del 2019 a 10 di fine 2020. Insomma, fino alla pandemia la pneumologia era sottostimata, seppure le malattie polmonari erano terze-quarte rispettivamente come mortalità e disabilità, ma solo con lo shock da prima ondata ci si è accorti che di polmonite si può morire in poche ore, come successe a una nostra infermiera non vaccinata in tempo. Durante il Covid abbiamo elaborato un protocollo che ha ridotto del 71% la mortalità, fatto ricerche sull’infiammazione polmonare, preparato un progetto scientifico per il monitoraggio con telemedicina vincitore di un premio nazionale.

Stiamo pubblicando uno studio autorizzato da Aifa che ha coinvolto 26 ospedali italiani. Oggi, la domanda più ricorrente è: «Cosa ne è dei miei polmoni dopo il Covid?». Per dare una risposta non è necessaria la Tac, può bastare la spirometria con test di diffusione che senza effetti collaterali dà risposte oggettive. Si tratta di test comunemente erogati nelle Pneumologie che necessitano di personale tecnico addestrato. La pandemia ha aumentato le richieste di spirometrie allungando le liste d’attesa perché non si trovano tecnici per fare i test, neppure si possono svolgere concorsi perché la figura non esiste, allora ci si arrangia con tecnici di altre specialità o si addestrano infermieri, se si trovano.

Nonostante misure-tampone prese in urgenza le carenze per curare le malattie polmonari continuano ad essere pesanti in Italia. Lo Stato Italiano se ne accorga perché i cittadini si aspettano dalla sanità competenza e tempestività.

 Lettera di Marco Confalonieri, Direttore Pneumologia Ospedale Cattinara Trieste al Corrire della Sera