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Negli ospedali italiani mancano i medici. L'inchiesta di Gabanelli e Ravizza svela gli errori che ci hanno portati fin qua

E’ stata pubblicata nei giorni scorsi una esaustiva inchiesta realizzata dalle giornaliste Milena Gabanelli e Simona Ravizza che si pone l’obiettivo di comprendere le ragioni che hanno portato alla drammatica carenza di personale medico in ospedale.

Il quadro che emerge mette in evidenza come le criticità che ci troviamo ad affrontare oggi siano certamente la conseguenza di pesanti errori del passato. In primis, il blocco del turnover messo in atto nel 2005 (art.1 comma 198) dall’allora governo Berlusconi 2 e perpetrato dai successivi governi Prodi 2, Berlusconi 3, Monti, Letta e Renzi. Questo ha determinato una situazione per cui, a fronte di 100 medici andati in pensione, 10 non sono stati sostituiti. Con situazioni diverse a seconda della Regione, in Campania, Sicilia e Lazio, a non essere sostituiti sono stati 31 medici su 100.

Un altro fattore che ha portato alla mancanza di medici è legato all’ambito formativo. Si è infatti creato un pesante divario fra il numero di medici che hanno lasciato il Servizio Sanitario Nazionale per andare in pensione e il numero di nuovi medici pronti ad abbracciare la professione. E così, fra il 2015 e il 2022, il saldo negativo fra pensionati e nuovi specialisti è stato di 15.585 medici.

Nel 2019, l’allora ministro della Salute Giulia Grillo, diede un’importante svolta positiva sbloccando il turnover e aumentando il numero di posti nelle Scuole di Specializzazione. Gli effetti di queste scelte saranno però tangibili solo a partire dal 2024 dovendo infatti attendere il concludersi dei percorsi formativi che durano, in media, 4-5 anni. Per il 2022 e il 2023 il saldo negativo fra medici pensionabili e nuovi specializzati sarà pari a 1.189.

Nella suddetta inchiesta si cerca anche di fare delle previsioni e cercare di comprendere cosa accadrà da qui al 2027. Avremo un numero sufficiente di medici in grado di soddisfare il bisogno di salute dei cittadini? Per fare questa previsione le giornaliste Gabanelli e Ravizza partono dai dati forniti dall’Agenzia Nazionale per i servizi sanitari regionali (AGENAS) che, sulla carta, ci conducono a un moderato ottimismo. Stando ai numeri, sì: avremo abbastanza medici. Infatti, nel 2027 mancheranno all’appello 42.331 medici ospedalieri ma, grazie all’aumento dei posti nelle Scuole di Specialità, nel contempo saranno stati formati 42.086 specialisti. Questo però è ciò che avviene sulla carta, la realtà è ben diversa. Se da un lato infatti, c’è stato un incremento dei posti nelle specialità, soprattutto quelle in cui si registra un maggior bisogno, dall’altro queste risultano essere le meno scelte. Diamo uno sguardo ai numeri: in Medicina d’emergenza e urgenza il 57% dei posti non è coperto, in Anestesia e Rianimazione il 17%, in Radioterapia si arriva persino al 74% dei posti scoperti. Le specialità che attraggono di più risultano essere cardiologia, dermatologia, pediatria, neurologia, oculistica endocrinologia e chirurgia plastica.

Al fine di rendere più attrattivo il lavoro in ospedale sarebbe auspicabile un aumento degli stipendi che, in Italia, risultano fermi da 5 anni. Situazione in assoluta controtendenza rispetto a quanto avviene nel resto d’Europa. La vita in corsia, non solo non attira più ma registra pesanti fughe. Basti pensare che nel 2022 sono stati 2.886 i medici ospedalieri che hanno dato le dimissioni.

Vediamo cosa accade nel comparto infermieristico e in quello dei medici di base, le categorie che, secondo il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) saranno destinate a divenire negli anni i protagonisti nelle case e negli ospedali di comunità previsti dal suddetto Piano.

Secondo i dati forniti da AGENAS, per il 2027 il numero di infermieri che completeranno la formazione sarà pari a 61.760, un numero sufficiente ad andare a coprire i buchi in organico.

Per quanto riguarda i medici di famiglia, secondo quanto riporta l’inchiesta realizzata da Gabanelli e Ravizza, di 40.250 medici oggi in servizio, fra il 2022 e il 2027, ne andranno in pensione 11.261 e saranno disponibili, salvo cambiamenti legislativi, 13.895 posti destinati alla formazione. Pertanto, anche in questo caso sembra che al 2027 avremo medici di base in numero sufficiente a coprire le richieste. In realtà, ciò che accade è che, per esempio in Lombardia, a fronte di 626 posti nel corsi di formazione per diventare medici di famiglia, i posti occupati siano solo 331, in pratica la metà. A disincentivare la frequenza a questi corsi di formazione triennale è lo scarso importo della borsa di studia a esso destinata, pari a 11 mila ero l’anno contro i 26 mila previsti per la scuola di specializzazione.

Pertanto, risulta chiaro come la disastrosa situazione in cui versa la sanità italiana sia frutto di scelte miopi compiute dai governi precedenti sulla base di una scarsa preparazione e pianificazioni poco lungimiranti. Ora tocca al neonato governo elaborare strategie vincenti.

 

Ufficio Stampa AIPO-ITS