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Sanità, mancano all'appello 16 mila specialisti

In Europa i medici italiani sono fra i più vecchi: più del 50% ha superato i 55 anni e molti sono vicini al pensionamento. Secondo l’Associazione dei Medici e Dirigenti del Sistema Sanitario Nazionale (ANAAO ASSOMED) fra il 2018 e il 2025 andrà in pensione circa il 50% dei medici italiani. Significa che mancheranno all’appello più di 16 mila specialisti.

Ne ha parlato in un articolo pubblicato nelle scorse settimane su The Lancet Marta Paterlini, neurobiologa al Karolinska Institutet di Stoccolma, che vive all’estero e che quindi osserva la situazione da un punto di vista privilegiato.

Secondo Paterlini la situazione è destinata a peggiorare anche alla luce di un nuovo provvedimento legislativo che entrerà in vigore in Italia fra il 2019 e il 2021 che consentirà ad alcuni professionisti medici che presentano determinati requisiti, di andare in pensione a 62 anni anziché 65.

A consentirlo sarà infatti la tanto discussa quota “100” che aprirà le porte del pensionamento a coloro i quali raggiungeranno la quota 100 come somma fra gli anni di età e quelli di contributi e a coloro che hanno già versato 41 anni di contributi pensionistici.

In alcune regioni, per sanare la mancanza di personale specialistico, professionisti in pensione sono stati richiamati al lavoro. Secondo Filippo Anelli, Presidente della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (FNOMCEO), richiamare medici in pensione non può essere certo la soluzione al problema, semmai un provvedimento temporaneo. Secondo l’ordine dei medici, questa situazione è la conseguenza di scelte politiche miopi, orientate a ridurre la spesa pubblica destinata al Sistema Sanitario Nazionale senza tener conto dei reali bisogni dei cittadini.

Fino al 1970 il Sistema Sanitario Italiano ha garantito una copertura universale a tutti i suoi assistiti. Ora a causa dei continui tagli questo carattere di universalità sembra in pericolo. Negli ultimi dieci anni infatti continui tagli e revisioni hanno investito quella che doveva essere la più grande conquista sociale degli italiani nel Secondo dopoguerra.  I continui tagli hanno determinato il blocco delle assunzioni con conseguente arresto del turn over dei professionisti. Senza contare il congelamento dei stipendi che sono rimasti gli stessi dal 2009. Questa situazione ha spinto molti giovani medici a preferire la sanità privata o ad andare all’estero. Negli ultimi dieci anni sono stati infatti circa 1500 i giovani medici che ogni anno hanno scelto di andare a lavorare all’estero alla ricerca di opportunità lavorative più corrispondenti alle loro aspettative ed esigenze professionali.

Secondo Carlo Palermo, Presidente dell’Associazione Medici e Dirigenti del Sistema Sanitario Nazionale (ANAAO ASSOMED) la carenza di specialisti è la diretta conseguenza di politiche che, negli ultimi anni, hanno penalizzato le scuole di specializzazione invece di valorizzarle. Per comprendere il problema basti pensare al percorso accademico che porta alla specializzazione: dopo il corso di laurea che, in genere, dura circa 6 anni seguono 5 anni presso la scuola di specialità. Ora vediamo cosa accade nella realtà: in Italia ogni anno circa 10 mila giovani conseguono la laurea in medicina e chirurgia. Di questi solo 7 mila possono accedere alla scuola di specializzazione in quanto sono 7 mila le borse di studio destinate dal Ministero dell’Università e della Ricerca alle specialità. Questo meccanismo crea un collo di bottiglia che nega l’accesso al mercato del lavoro a migliaia di giovani medici che non possono essere assunti senza specializzazione.

Date queste premesse, il futuro della professione medica non appare roseo. Staremo a vedere.

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Ufficio Stampa AIPO