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L'ablazione con vapore nel trattamento dell'enfisema grave

Nei pazienti con enfisema severo, il trattamento sequenziale selettivo di riduzione volumetrica con ablazione endobronchiale mediante applicazione di vapore ha dimostrato di apportare un significativo miglioramento di selezionati parametri funzionali, se confrontato con terapia medica standard massimale. Miglioramento anche della percezione della sintomatologia in soggetti con prevalente compromissione dei lobi polmonari superiori.

Si tratta di un trattamento sequenziale, il cui target è rappresentato dai segmenti dei lobi polmonari più colpiti dalla malattia.

A dirlo è uno studio condotto presso l’Università di Heideberg in Germania e pubblicato su Lancet Respiratory Medicine. Secondo i firmatari della ricerca l’ablazione con vapore dei lobi polmonari più compromessi rappresenta una valida opzione terapeutica in quanto consente di trattare piccole porzioni di lobo polmonare salvaguardando il tessuto sano.

Allo studio hanno partecipato 70 pazienti di età compresa fra i 45 e i 75 anni e provenienti da 13 centri ospedalieri: 10 europei e 3 australiani. Di questi 46 sono stati sottoposti ad ablazione con vapore e 24 a trattamento medico standard.

Tramite broncoscopia è stato inserito un catetere a palloncino in corrispondenza della regione da trattare e lì è stato diffuso il vapore. Dopo sei mesi nel gruppo di pazienti che ha ricevuto una o due sedute di trattamento è stato evidenziato un miglioramento del FEV1 pari al 14,7% in più rispetto al gruppo di controllo. Inoltre, i punteggi ottenuti con il St. George’s Respiratory Questionnaire, test di valutazione della qualità di vita in relazione allo stato di salute del paziente, erano inferiori di 9.7 punti nel gruppo trattato rispetto a quello di controllo. A 84 giorni dal trattamento è stato registrato un decesso.

L’evento avverso più frequentemente riscontrato è stata una esacerbazione della broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO). Undici pazienti del gruppo di trattamento e un caso in quello di controllo hanno mostrato segni di peggioramento della BPCO. Secondo i firmatari della ricerca, nei pazienti con enfisema in fase terminale, tale esacerbazione può essere dovuta alla broncoscopia utilizzata per somministrare il trattamento.

“I risultati ottenuti nello studio condotto dal gruppo dell’Università di Heideberg appaiono indubbiamente incoraggianti” commenta Martina Bonifazi, che lavora presso UO Pneumologia Dip. Medicina Interna Ospedali Riuniti di Ancona. “La validità del razionale fisiopatologico alla base di questa tecnica, rappresentato dall’esclusione funzionale dei lobi più compromessi al fine di ottimizzare la meccanica polmonare nelle restanti porzioni, è stata già dimostrata per i dispositivi di riduzione volumetrica, come le valvole e le spirali endobronchiali, ad oggi approvati nella pratica clinica e disponibili da tempo in alcuni centri in Italia, tra cui il nostro” continua l’esperta.

“Lo studio di Herth e collaboratori è stato ben condotto dal punto di vista metodologico, in quanto pazienti con caratteristiche demografiche e cliniche comparabili, sono stati randomizzati a ricevere il trattamento sperimentale o la terapia medica standard.  Sono stati valutati a sei mesi dall’inizio dello studio mediante l’impiego di strumenti validati e riproducibili, come le prove di funzionalità respiratoria ed i test su qualità di vita e percezione dei sintomi, ed è stato rilevato un miglioramento significativo in termini statistici del valore medio del FEV1 e del punteggio al SGRQ, in presenza di un profilo di sicurezza accettabile. I limiti principali di questo studio sono rappresentati dal limitato numero di pazienti inclusi, dalla possibilità di un effetto “placebo” nei pazienti nel braccio di trattamento sperimentale, soprattutto per quanto riguarda l’outcome relativo alla percezione soggettiva del sintomo, e l’assenza di dati nel lungo termine, per quanto riguarda l’efficacia, ma soprattutto la sicurezza.”

“In Italia questa tecnica non è entrata nella pratica medica in quanto i dati ad oggi disponibili non sono ancora sufficienti per poter ricevere l’approvazione da parte delle agenzie regolatorie. Nel caso, comunque, efficacia e sicurezza di questa tecnica venissero confermate in ulteriori studi, ci auguriamo di poter disporre di una potenziale arma in più nella rosa dei trattamenti endoscopici dell’enfisema polmonare. Sarebbe auspicabile, inoltre, definire e caratterizzare, in più ampi studi, i predittori di efficacia di ciascuno di questi dispositivi, in modo da ottimizzarne il profilo di costo-efficacia, identificando il trattamento più appropriato per il singolo paziente” conclude Martina Bonifazi.

Ufficio Stampa AIPO