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Il versamento pleurico recidivante è una patologia di complessa gestione per chi si occupa di patologia pleurica, le cui genesi è da ricondurre a differenti condizioni patologiche sia locali che sistemiche. La maggior parte dei pazienti con versamento pleurico giunge in ospedale per dispnea e trattare unicamente il sintomo evacuando il liquido può non esser sufficiente se non se ne identifica la causa, impostando di conseguenza un corretto trattamento medico. Una quota non trascurabile di pazienti, nonostante un’adeguata terapia medica, non va incontro a risoluzione del versamento che tende a cronicizzare e riformarsi dopo esser stato drenato.
Sebbene la patologia neoplastica sia la causa più frequente, esistono altre noxae patogene sia a livello sistemico (trasudati) come lo scompenso cardiaco, la cirrosi epatica con ascite, la sindrome nefrosica sia a livello locale (essudati) tra cui le polmoniti, l’embolia polmonare o le forme infettive. I soggetti sintomatici, generalmente per dispnea, devono esser trattati; tuttavia non esistono linee guida che orientino l’operatore su come rimuovere il liquido pleurico, e se nelle forme neoplastiche l’aspettativa di vita può indirizzare nella scelta tra diverse procedure, questo non risulta altrettanto chiaro e semplice nelle forma benigne. Le differenti scelte terapeutiche variano dalle toracentesi ripetute al posizionamento di drenaggi di calibro variabile fino ai drenaggi tunnellizati (Indwelling Pleural Catheter - IPC). Questi ultimi hanno dimostrato un elevato tasso di efficacia (45,6%) nel trattamento del versamento cronico maligno (1). L’uso degli IPCs, in particolare nei paesi anglosassoni, si sta spostando anche nel trattamento delle forme di versamento pleurico benigno (2). Una recente meta-analisi pubblicata su Chest ne ha confermato la sicurezza, riportando un’efficacia pari al 51% nell’indurre pleurodesi spontanea (3). Non esistono studi che chiariscano i fattori predittori e il timing associati alla pleurodesi per gli IPCs, tuttavia di fondamentale importanza per decidere quando utilizzarli nelle forme non neoplastiche di versamento pleurico e se considerarli una forma alternativa alla pleurodesi chimica. Va ricordato inoltre che i costi dei drenaggi tunnelizzati sono maggiori rispetto a quelli non tunnelizzati e correlano col tempo di permanenza.
Nello studio sono stati considerati retrospettivamente i risultati ottenuti su 252 pazienti trattati con IPCs per versamento pleurico benigno recidivante valutando come outcome primario il tasso e il tempo di pleurodesi. I drenaggi posizionati direttamente o dopo toracoscopia medica venivano collegati a sistemi di aspirazione portatile e cambiati dopo aver drenato un litro di liquido, e per almeno 3 volte a settimana presso il loro domicilio. I drenaggi venivano rimossi quando il fluido drenato era inferiore a 50mL per due volte consecutive senza evidenza radiologica di incremento del versamento. La pleurodesi è stata considerata completa con un’espansione polmonare ≥ 80% al momento della rimozione dell’IPCs oppure parziale se inferiore. L’analisi statistica dei dati raccolti ha dimostrato un tasso di pleurodesi globale del 74%, con un tasso maggiore nei pazienti sottoposti a toracoscopia medica e un punteggio ECOG ≤ 2, probabilmente dovuti da una parte all’azione flogistica correlata alle biopsie e al PNX indotto durante toracoscopia, dall’altra ad un migliore performance status del paziente al momento del trattamento.
Le pleuriti aspecifiche correlano con una maggior probabilità di pleurodesi rispetto ad altre condizioni patologiche; al contrario i versamenti secondari a patologie del tessuto connettivo e le complicanze infettive mostrano una pleurodesi più rapida, probabilmente a causa di una maggiore risposta infiammatoria locale. Anche la percentuale di eosinofili correla con una più rapida pleurodesi, come già noto per i versamenti pleurici maligni (4).
L’insufficienza epatica e cardiaca invece mostrano una minor probabilità di pleurodesi con tempi più lunghi, in particolare se associate a versamento pleurico massivo ed esteso all’ilo.
Lo studio, pur non fornendo indicazioni esaustive sull’utilizzo degli IPCs nei versamenti cronici benigni, ha confermato la sicurezza della metodica riportando un basso tasso di complicanze, sovrapponibili ai dati della letteratura, che tuttavia se infettive, circa il 2% dei casi, riducono significativamente il tempo di pleurodesi. Il tempo di pleurodesi è un dato che meriterebbe uno studio di confronto con i drenaggi non tunnellizzati, in particolare in quelle condizioni patologiche che ben rispondono agli IPCs per stabilire quale metodica sia più efficace ed eventualmente giustificarne l’uso a fronte di costi più elevati.
Uno studio  di  confronto  permetterebbe  di  valutare anche altri aspetti  come  la qualità della vita e il controllo dei sintomi tra cui la dispnea, e nei casi di mancata pleurodesi una valutazione delle complicanze legate alle toracentesi ripetute o riposizionamento di drenaggio rispetto agli IPCs.
 

Bibliografia

  1. Van Meter ME, McKee KY, Kohlwes Ecacy and safety of tunneled pleural catheters in adults with malignant pleural eusions: a systematic review. J Gen Intern Med 2011;26:70-6.
  2. Bhatnagar R, Reid ED, Corcoran JP, et al. Indwelling pleural catheters for non-malignant eusions: a multicentre review of practice. Thorax 2014;69:959-61.
  3. Patil M, Dhillon SS, Attwood K, et al. Management of benign pleural effusions using indwelling pleural catheters: a systematic review and meta-analysis. Chest 2017;151:626-35.
  4. Li P, Graver A, Hosseini S, et al. Clinical predictors of successful and earlier pleurodesis with a tunnelled pleural catheter in malignant pleural effusion: a cohort study. CMAJ Open 2018;6:E235-40.