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Questo lavoro ha messo al centro dell’attenzione una tipologia di pazienti poco o mai considerati negli studi clinici, ossia i cosiddetti PRISm (Preserved Ratio Impaired Spirometry), un acronimo che identifica pazienti con rapporto FEV1/FVC normale, ma con FEV1 basso. E’ evidente che all’interno di questo gruppo di pazienti alcuni saranno dei ristretti, ma non solo. In alcuni centri, inoltre, non c’è sempre la possibilità di eseguire una spirometria globale e quindi la misurazione di TLC e RV, pertanto questa categoria di pazienti rimane spesso esclusa e poco compresa.
Gli Autori di questo lavoro hanno utilizzato il database ampio del Rotterdam Study, uno studio di popolazione condotto negli ultimi 10-15 anni e hanno confrontato il declino funzionale, le copatologie e la mortalità di pazienti PRISm confrontati con pazienti con spirometria normale (i controlli) e pazienti affetti da Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva (BPCO). Lo studio prevedeva un punto 1 in cui il paziente eseguiva la prima spirometria e un punto 2 in cui veniva ripetuta la diagnostica. Tuttavia, solo un gruppo di pazienti (1.603) ha ripetuto la spirometria dopo un periodo medio di circa 4,5 anni.
L’incidenza del quadro spirometrico PRISm è risultata del 7,1% alla prima spirometria; questi pazienti erano soprattutto donne e con un Body Mass Index (BMI) più elevato rispetto ai controlli e ai BPCO, pur con una storia di esposizione al fumo di sigaretta confrontabile agli altri due gruppi. Il dato più interessante del lavoro è che i PRISm al punto 2, cioè dopo alcuni anni, hanno ripetuto la spirometria e di questi oltre il 30% aveva sviluppato la BPCO e circa il 12% era tornato ad avere una spirometria normale.
I pazienti che persistevano ad avere un quadro PRISm presentavano un declino della funzionalità respiratoria confrontabile con quella dei soggetti normali, ma presentavano più frequentemente caratteristiche compatibili con sindrome metabolica e con storia di scompenso cardiaco. Allo stesso modo alcuni soggetti sviluppavano il quadro PRISm al punto 2, la maggior parte di questi avendo al punto 1 una spirometria normale. Erano pazienti con BMI più elevato, più anziani e con peggior funzionalità respiratoria e che più spesso andavano incontro a scompenso cardiaco. Peraltro, sia i pazienti con quadro PRISm persistente che quelli in cui è comparso in un secondo tempo, presentavano un tasso di mortalità molto più elevato rispetto ai controlli e confrontabile rispetto ai soggetti BPCO. Considerando solo la mortalità cardiovascolare, invece, i PRISm avevano la mortalità più elevata dei tre gruppi di pazienti.
L’analisi del declino dei valori di funzionalità respiratoria dei pazienti PRISm appare invece alquanto complessa. I PRISm identificati al punto 1 hanno un lento declino paragonabile ai soggetti di controllo; tuttavia l’elevata mortalità potrebbe aver portato a sottostimare il dato. Infatti, l'analisi della funzionalità respiratoria di chi PRISm lo è diventato al punto 2, partendo da una spirometria normale al punto 1, evidenzia un declino decisamente più accelerato.
Uno dei limiti di questo lavoro è certamente il fatto di aver utilizzato il rapporto fisso FEV1/FVC < 0,7 piuttosto che il metodo LLN per discriminare l’ostruzione; tuttavia una sottoanalisi che ha rivisto i dati utilizzando il LLN conferma il dato della mortalità elevata, soprattutto per cause cardiovascolari.
I dati statistici evidenziati da questo lavoro assomigliano molto a quelli già pubblicati, in altre forme, in altri grossi trial di popolazione come il COPDgene study (1), evidenziando come il quadro PRISm abbia una prevalenza dal 3 al 20% in base ai lavori e ai criteri di selezione. In passato era stato ipotizzato che questo quadro fosse in gran parte espressione di una inadeguata tecnica spirometrica che portava a referti poco chiari e di difficile interpretazione; tuttavia gli Autori ritengono che le elevate percentuali di prevalenza descritte in letteratura non possano essere spiegate solo con un banale errore tecnico.
In conclusione, la lettura di questo lavoro porta a considerare la possibilità dell’esistenza di un fenotipo di alterazione spirometrica che chiamiamo PRISm. Tuttavia, i pazienti che presentano questo pattern non sono un gruppo omogeneo, evidenziandosi pazienti che nel tempo vanno a sviluppare la BPCO, pazienti con elevato tasso di mortalità cardiovascolare e pazienti che mantengono nel tempo il pattern PRISm con normale declino della funzionalità respiratoria.

 

Bibliografia

1) Wan ES, Castaldi PJ, Cho MH, et al.; COPDGene Investigators. Epidemiology, genetics, and subtyping of preserved ratio impaired spirometry (PRISm) in COPDGene. Respir Res 2014;15:89.