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Il fumo passivo rimane a tutt’oggi uno degli inquinanti indoor più comuni. Nel 2011 a livello mondiale ben il 40% dei bambini, il 35% delle donne e il 33% degli uomini risultavano regolarmente esposti a fumo passivo indoor. E’ stato dimostrato che l’esposizione a fumo passivo è correlata a deficit di crescita polmonare nei bambini e ad aumento del rischio relativo (RR = 1,7; IC 95%: 1,4-2,0) di Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva (BPCO) (definito con la spirometria). Un’associazione tra asma e ridotta funzionalità polmonare in età adulta è stata evidenziata in esposti a fumo materno durante il periodo fetale. Alcune ricerche indicano che i fumatori attivi e pregressi spesso soffrono di sintomi respiratori, sebbene la funzione polmonare sia ancora all’interno della normalità, non rientrando quindi nei criteri diagnostici della BPCO valutati dalla spirometria (1). Debole, invece, risulta la correlazione tra esposizione a fumo passivo e declino accelerato della funzionalità polmonare (2). Inoltre, mentre ci sono numerose prove che il fumo passivo provochi sintomi respiratori e deficit funzionali respiratori nei giovani, l’impatto nelle fasce di età più avanzata è ancora poco chiaro.
Lo scopo dello studio di Flexeder et al. è stato quello di analizzare l’associazione tra fumo passivo e asma, bronchite, BPCO, solo sintomi respiratori (valutati con questionario Asthma Score) e funzione respiratoria (valutata con spirometria semplice) in giovani e adulti di mezza età, all’interno di un grande studio multicentrico europeo (ECRHS), seguiti per un lungo periodo (più di 20 anni: ECRHS I: 1990-94; ECRHS II: 1998-2001; ECRHS III: 2008). Le analisi sono state condotte in 3.011 adulti, non fumatori, di 26 centri di studio, che hanno partecipato a tutti e tre i follow-up con questionario (con domanda specifica di esposizione a fumo e fumo passivo nell’ultimo anno, o se ex fumatori, con sospensione dal fumo nell’ultimo mese) e spirometria, e di cui erano disponibili informazioni sull’esposizione al fumo passivo in tutti e tre gli stage.
Si è osservato che in tutti i centri la prevalenza dell’esposizione al fumo passivo si è ridotta passando da ECRHS I a III. Complessivamente, al primo esame, il 38,7% era esposto al fumo passivo, 23,0% al secondo esame e 7,1% al terzo esame; le prevalenze più alte sono risultate in Spagna. Tutti parametri di funzionalità respiratoria (FEV1, FVC e FEV1/FVC) sono risultati diminuiti nel tempo, con un maggiore declino nel secondo periodo ECRHS II-III (declino di 42 mL/anno nel FEV1) rispetto al primo periodo ECRHS I-II (24 mL/anno declino nel FEV1), in relazione a quanto previsto con l’invecchiamento della popolazione.
L’esposizione a fumo passivo ha dimostrato un aumentato rischio di asma (diagnosticato dal medico), sia nel periodo ECRHS II-III che in quello ECRHS I-III, e questo è in accordo con altri studi precedenti (3).  Un aumentato rischio di dispnea notturna è stato osservato solo negli esposti a fumo passivo tra il primo e il terzo stage, ma non per quelli esposti in entrambi i periodi.
Un’associazione significativa con il fumo passivo si è osservata per la bronchite cronica (definita per la presenza di tosse e espettorato), ma non per la BPCO, definita con la spirometria. Quest’ultimo dato risulta in disaccordo con altri studi precedenti (2, 4), mentre è in linea con i risultati di un solo studio condotto in una piccola casistica cinese. Queste discrepanze vengono motivate dagli autori per la diversa definizione di BPCO, in quanto in alcuni studi le informazioni erano basate su questionari, mentre in altri su misurazioni spirometriche, ma anche per un potenziale confondimento correlato all’auto-segnalazione di fumo passivo presente nello studio in oggetto e in altre ricerche.
Non si è evidenziata un’associazione tra esposizione al fumo passivo e FEV1. I partecipanti allo studio esposti al fumo passivo a ECRHS I-II presentavano una FVC ridotta al secondo stage (circa 50 mL) rispetto ai non esposti nei medesimi stage, ma non si è osservata una chiara associazione durante l’intero periodo di studio. Analogo andamento si è osservato per il rapporto FEV1/FVC. Rispetto ai valori del primo stage, l’esposizione a fumo passivo risulta correlato ad un maggior declino nel tempo di FEV1 e FVC nei maschi rispetto alle femmine, così come anche nei non esposti. Diversi studi hanno studiato l’associazione tra esposizione a fumo passivo e funzionalità polmonare, suggerendo differenze di genere nella vulnerabilità; tuttavia, i risultati sono tra loro discordanti.
Relativamente alla correlazione tra fumo passivo e bronchite cronica, gli autori ipotizzano che gli effetti siano dovuti ad un effetto transitorio, senza cambiamenti strutturali delle vie aeree (come sarebbero comuni invece nella BPCO). Gli autori citano lo studio di Macklem et al. (5), che sottolinea come l’aumento del volume residuo (RV) sia l’alterazione funzionale più precoce nella bronchite cronica. Ci sarebbe, pertanto, inizialmente un “intrappolamento dei gas” con riduzione di FVC e un RV aumentato più della capacità polmonare totale (TLC). A sua volta si osserverebbe una riduzione del FEV1, causata dalla riduzione di FVC. Il rapporto FEV1/FVC verrebbe quindi a diminuire a causa della perdita del ritorno elastico polmonare, una condizione sine qua non per la BPCO. All’inizio della malattia, però, la diminuzione di FVC potrebbe superare quella del FEV1 con un effetto paradossale sul rapporto FEV1/FVC. Questo potrebbe spiegare perché nello studio in oggetto non si sia dimostrata un’associazione con la BPCO.
Lo studio, comunque, presenta dei limiti. L’informazione sull’esposizione a fumo passivo e sui sintomi respiratori e la presenza di malattie sono stati ottenuti attraverso questionari autogestiti, nessun biomarker di esposizione a fumo passivo è stato utilizzato, né è stata valutata la correlazione tra la dose espositiva a fumo passivo e malattie o sintomi respiratori. Inoltre, le informazioni relative all’esposizione a fumo passivo sono state richieste per ogni stage solo negli ultimi 12 mesi e non per tutti il periodo di follow-up.
Il fumo passivo risulta correlato ad un maggior rischio di sviluppare asma e bronchite cronica nell’adulto. I dati di letteratura, senza dubbio, consolidano l’efficacia delle restrizioni contro il fumo adottate negli ambienti pubblici e sono di stimolo a promuovere e intensificare gli interventi per combattere il tabagismo.
 

Bibliografia

  1. Woodruff PG, Barr RG, Bleecker E, et al. Clinical significance of symptoms in smokers with preserved pulmonary function. N Engl J Med 2016;374:1811-21.
  2. Eisner MD, Balmes J, Katz PP, et al. Lifetime environmental tobacco smoke exposure and the risk of chronic obstructive pulmonary disease. Environ Health 2005;4:7.
  3. Jaakkola MS, Piipari R, Jaakkola N, Jaakkola JJK. Environmental tobacco smoke and adult-onset asthma: a population-based incident case-control study. Am J Public Health 2003;93:2055-60.
  4. Hagstad S, Bjerg A, Ekerljung L, et al. Passive smoking exposure is associated with increased risk of COPD in never smokers. Chest 2014;145:1298-304.
  5. Macklem PT. Therapeutic implications of the pathophysiology of COPD. Eur Respir J 2010;35:676-80.