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L’asma bronchiale è caratterizzata da una variabilità della limitazione dei flussi espiratori. Considerato ciò, appare ragionevole utilizzare in fase diagnostica la variazione del FEV1 dopo broncodilatatore (ΔFEV1BDR). Dagli anni novanta utilizziamo comunemente un cut-off ovvero l’aumento del FEV1 ≥ 12% and ≥ 200 mL rispetto al valore basale (1, 2).
Una revisione dei principali documenti, raccomandazioni e linee-guida relativi all’interpretazione della spirometria, e in particolare sui valori di cut-off del ΔFEV1BDR, è stata pubblicata proprio questo mese da un gruppo di ricercatori finlandesi. L’obiettivo di questa analisi è stato quello di evidenziare su quali elementi un aumento oggettivabile del FEV1 dopo somministrazione di un broncodilatatore short-acting (in genere salbutamolo) possa considerarsi significativo e consistere in un metodo diagnostico per l’asma nell’adulto.
Gli autori per determinare i cut-off appropriati, la loro specificità e sensibilità e il valore clinico della risposta al broncodilatatore per la diagnosi di asma, preventivamente precisano tre elementi fondamentali. Il primo è che nei soggetti sani un valore di ΔFEV1BDR superiore al 95° viene considerato frequentemente non normale. Viene giustamente sottolineato che tale cut-off è in grado di distinguere i “sani” dagli “anormali”, ma non è specifico per l’asma. Il secondo punto è che per avere una significativa sensibilità dei valori di cut-off per la diagnosi di asma il valore di ΔFEV1BDR andrebbe studiato in pazienti asmatici naïve (relativamente alla terapia) e con diagnosi effettuata secondo dei metodi gold standard. Il terzo punto è dato dall’osservazione che in altre malattie, come p.e. la BPCO, le bronchiectasie e la fibrosi, si osservano deficit ventilatori ostruttivi e/o restrittivi. Quindi per ottenere un’alta specificità dei valori di cut-off per l’asma, bisognerebbe indagare il ΔFEV1BDR anche in altri gruppi di pazienti naïve (relativamente alla terapia).
Una indicazione generale è quella che per stabilire la variabilità short-term è necessario misurare il FEV1 prima e dopo 20 minuti dall’inalazione di 200-400 mcg di salbutamolo spray o equivalente (3). Dall’analisi della letteratura gli autori rilevano che non vi è un consensus su come calcolare e esprimere la ΔFEV1BDR. In tabella 1 a pagina 3 della pubblicazione vengono riportati le tre modalità di calcolo più diffusamente impiegate, ovvero: 1) ΔFEV1 assoluto in mL o L (postBD FEV1- FEV1 basale); 2) ΔFEV1 in percentuale rispetto al basale ((postBD FEV1- FEV1 basale)/FEV1 basale) x 100); 3) ΔFEV1 %pred rispetto al valore teorico ((postBD FEV1- FEV1 basale)/FEV1 predetto) x 100).
Negli studi di popolazione, si ricava che il limite superiore di normalità (> 95° percentile) per la ΔFEV1BDR nei sani è tra i 240 e 320 mL in valore assoluto, tra 5,9 e 13,3% come FEV1 %basale, e 8,7 e 11,6%  come FEV1 %pred. Le prime due modalità di espressione dipendono da fattori quali età sesso, peso e valore iniziale, fenomeno a cui si può ovviare esprimendo la ΔFEV1BDR come ΔFEV1 %pred.
Per quanto riguarda la variabilità short-term in casistiche di asmatici si è evidenziato che la variabilità (misurata sia in valore assoluto sia in % rispetto al basale) è maggiore rispetto alla variabilità “fisiologica” o versus il placebo, e che è indipendente dai valori del FEV1 basale (anche quelli con FEV1 basale bassi, p.e. FEV1 0,5-1 L). Tuttavia la sensibilità e specificità della ΔFEV1BDR potrebbero non risultare significative se i valori di cut-off utilizzati sono troppo bassi, infatti stabilendo un valore pari al 10% per il ΔFEV1 %basale non è possibile distinguere la variabilità tipica dell’asma dalla variabilità fisiologica.
Relativamente alla sensibilità della variabilità short-term per la diagnosi di asma, gli autori hanno analizzato gli studi condotti su pazienti naïve. Le considerazioni ricavate sono, però, limitate in quanto gli studi condotti in questa tipologia di pazienti sono scarsi. Comunque i valori riportati sono 274-550 mL per ΔFEV1 assoluto, 13,7-25,9% per ΔFEV1 %basale e 7,8-21,8% per ΔFEV1 %pred. Uno studio condotto su un’ampia casistica australiana ha preso in considerazione pazienti asmatici in terapia (380 soggetti). Per studiare la ΔFEV1BDR i soggetti sono stati suddivisi in quattro gruppi a seconda di: ΔFEV1 assoluto ≥ 400 mL, ΔFEV1 %basale ≥ 12%, ΔFEV1 %basale ≥ 15% e ΔFEV1 %pred ≥ 9%. Gli autori hanno rilevato tipologie di pazienti differenti tra loro, come per esempio il ΔFEV1 assoluto ≥ 400 mL è risultato significativo solo in pazienti giovani di età inferiore ai 35 anni, fatto non evidente impiegando invece ΔFEV1 %basale ≥ 12% e ≥ 15%. I risultati dello studio hanno evidenziato che nei pazienti asmatici in terapia, la percentuale dei soggetti che soddisfa almeno uno dei criteri è relativamente bassa. I cut-off impiegati hanno evidenziato una bassa sensibilità diagnostica, tra l’altro la loro applicazione potrebbe portare ad una errata classificazione dei pazienti asmatici.
Dall’analisi degli studi condotti tra gli anni sessanta-novanta si ricava che i valori di cut-off tradizionalmente suggeriti e applicati sono fonte di errore, anche perché spesso gli studi sono stati condotti su popolazioni non adeguatamente caratterizzate per asma e/o BPCO. Quanier et al. hanno più recentemente proposto di utilizzare ΔFEV1 %pred e il calcolo del z-score per eliminare il problema legato all’età, inoltre hanno dimostrato che l’utilizzo della variabilità short-term per la FVC (FVCBDR) rispetto alla ΔFEV1BDR risulta più discriminante, in particolare nei pazienti asmatici anziani con broncostruzione severa (4).
Rimane, pertanto, ancora incerto se il test di reversibilità del FEV1 sia lo strumento diagnostico appropriato per la diagnosi di asma, vista la bassa sensibilità dimostrata negli studi pubblicati. Si è rilevato che l’82% degli asmatici non presenta una significativa reversibilità nonostante il 29% di questi presenti sintomi respiratori moderati-severi. Gli autori propongono un approccio diagnostico combinando più strumenti diagnostici, quali il monitoraggio del PEF e il test di broncostimolazione aspecifica; anche in questo caso, tuttavia, persiste la necessità di documentare accuratezza, sensibilità e specificità dei valori di cut-off del test di reversibilità.
In attesa di nuovi studi più accurati per dirimere tale questione e alla luce delle considerazioni emerse in questa revisione, personalmente ritengo convincente il fatto di calcolare (o meglio di passare anche a calcolare) il ΔFEV1 %pred nella diagnostica dell’asma e della BPCO (combinando a questo altri strumenti diagnostici, ovviamente) e di dare maggiore rilevanza alla FVCBDR nei pazienti anziani.

Bibliografia

  1. Lung function testing: selection of reference values and interpretative strategies. American Thoracic Society. Am Rev Respir Dis 1991;144:1202-18.
  2. Quanjer PH, Tammeling GJ, Cotes JE, et al. Lung volumes and forced ventilatory flows. Report working party standardization of lung function tests, european community for steel and coal. Official statement of the european respiratory society. Eur Respir J Suppl. 1993 Mar;16:5-40.
  3. Pellegrino R, Viegi G, Brusasco V, et al. Interpretative strategies for lung function tests. Eur Respir J 2005;26:948-68.
  4. Quanjer PH, Ruppel GL, Langhammer A, et al. Bronchodilator response in FVC is larger and more relevant than in FEV1 in severe airflow obstruction. Chest 2017;151:1088-98.