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Ha creato un notevole scalpore nella comunità scientifici e sui media divulgativi quanto pubblicato da Lancet all’inizio di dicembre 2010 a conclusione di un anno avaro di vere scoperte scientifiche. La pubblicazione, a firma di un gruppo di epidemiologi inglesi prestigiosi impegnati maggiormente nel campo delle malattie cardiovascolari, analizza gli “effetti collaterali” positivi dell’uso preventivo dell’Aspirina a basso dosaggio nella prevenzione dei disturbi cardiovascolari. Come è noto l’ASA è in grado di interferire a basso dosaggio con la produzione della Ciclo ossigenasi 2 riducendo l’aggregabilità piastrinica e quindi favorendo la liquidità plasmatica. Numerosi studi sono stati condotti per documentare l’efficacia dell’ASA nella prevenzione di accidenti trombotici primitivi che secondari, sia da solo che in associazione ad altri antiaggreganti od anti coagulanti. Oggi possiamo contare su sperimentazioni che hanno coinvolto più di 20.000 soggetti con una significatività statistica non suscettibile di critiche, ed inoltre protratta nel tempo. Merito del gruppo di lavoro guidato da Rothwell è stato di analizzare la possibile interferenza dell’uso dell’ASA nel ridurre la mortalità da neoplasia nella casistica raccolta con altre finalità.

Lo studio consiste di una metanalisi che raccoglie i risultati di più studi durati almeno 5 anni che prevedessero l’utilizzo dell’ASA da solo od in associazione ad altri farmaci in un braccio sperimentale posto a confronto con un braccio di controllo privo di terapia con ASA.  Complessivamente sono stati analizzati i risultati provenienti da 8 trials per oltre 23.000 pazienti. In realtà lo studio documenta risultati ottenuti a 10 e 20 anni di distanza dall’inizio della terapia anche se i pazienti che hanno seguito follow up superiori ai 5 anni si riducono progressivamente fino a 10.000 circa a 20 anni. Lo studio documenta non solo la percentuale di neoplasie mortali, ma anche la sede ed, in un numero ridotto l’istologia. I risultati documentano una riduzione statisticamente significativa per le neoplasie del tratto gastrointestinale, esofago, stomaco, pancreas, colon retto. Delle neoplasie solide extra intestinali, ottiene un notevole beneficio il tumore del polmone e meno la prostata, mentre sono refrattarii i tumori del sangue. La riduzione di mortalità raggiunge circa il 20% dopo 5 anni di terapia e sembra aumentare con il tempo. La dose ottimale sembra essere di 75 mg/die di ASA pena la riduzione di efficacia. Un dato emerso molto interessante, che può spiegare l’efficacia in alcune neoplasie e meno in altre, è che l’adenocarcinoma è l’istotipo neoplastico più sensibile. Infatti l’efficacia maggiore viene raggiunta nelle neoplasie in cui tale istotipo è prevalente. L’ultimo dato significativo è la riduzione globale, molto piccola invero, della mortalità non legata a tumore od a malattie cardiovascolari,  globale nei soggetti trattati.

Lo studio presenta naturalmente dei lati deboli proprio perché non è stato creato per studiare la mortalità da neoplasia. Fra l’altro la maggiore attenzione a complicanze gastrointestinali in questa tipologia di pazienti potrebbe aver indotto un maggior numero di diagnosi precoci proprio nel distretto enterico. L’analisi limitata alla mortalità  dedotta dall’analisi delle schede di morte, non ci permette di documentare la morbilità. Questo dato è fondamentale nello studio di neoplasie meno aggressive e dotate di una mortalità modesta come quella mammaria. E’ pur vero che altri studi non hanno documentato un effetto favorevole dell’ASA nella prevenzione di questo tumore, ma è indubbia la necessità di uno studio mirato su numeri elevati.
Un altro elemento di notevole interesse è legato alla ipotesi di legare la carcinogenesi a mediatori dell’infiammazione come le Cox-1 inibite dall’ASA ed alla potenzialità di questo farmaco di indurre l’apoptosi in cellule danneggiate. Si riapre dunque il mai sopito interrogativo sulle connessioni fra infiammazione e tumore.

Le conclusioni che traggono gli Autori e che possiamo condividere, sono che l’uso di piccole quantità di ASA giornaliere, oltre a proteggere dal rischio di patologia cardiovascolare, riduce il rischio di mortalità da neoplasie. Se leggiamo il dato in termini economici, questa terapia è senz’altro meno costosa di screening non sempre in grado di prevenire l’evoluzione di un tumore e, sicuramente, meno invasiva.

A cura del Prof. Lugi Portalone