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Uno degli effetti più comuni del trattamento dell’apnea ostruttiva nel sonno (OSA) è la scomparsa dell’eccessiva sonnolenza diurna, ma negli ultimi anni è stata rivolta molta attenzione alla possibilità che questo sintomo talvolta persista nonostante l’eliminazione dei disturbi respiratori notturni.

In questo articolo si descrive uno studio multicentrico trasversale che ha avuto come oggetto principale la prevalenza della residua eccessiva sonnolenza fra pazienti con OSA trattati per un anno con CPAP, il cui livello terapeutico era stato determinato subito prima dell’inizio della terapia. Venivano esclusi soggetti che avevano utilizzato la CPAP in media non più di 3 ore per notte, o con abitudini di sonno, disturbi respiratori o malattie “attive clinicamente significative” che avrebbero potuto interferire con i risultati. L’eccessiva sonnolenza è stata definita come un punteggio alla scala di sonnolenza di Epworth (ESS) ≥11. Di 502 soggetti inclusi, 60 (12%) riportarono un punteggio alla ESS ≥11. Di questi, la metà riferiva sintomi compatibili con sindrome delle gambe senza riposo, narcolessia o forme gravi di depressione. Eliminati questi soggetti, la prevalenza dell’eccessiva sonnolenza che poteva essere considerata un sintomo residuo dell’OSA restava del 6%.

I pazienti con questo sintomo, alla diagnosi in media erano di 6 anni più giovani ed avevano un punteggio alla ESS di quattro punti più elevato, mentre non differivano per il grado di gravità dell’OSA né per la durata dell’uso della CPAP (>6 ore per notte, al pari che tra i soggetti senza residua eccessiva sonnolenza). Dopo terapia, lamentavano più spesso un sonno notturno poco ristoratore, fatica ed alterazioni della sfera emotiva e dell’energia al test di qualità della vita di Nottingham.

Il significato del dato di prevalenza del 6% va interpretato in rapporto alle metodologie ed ai criteri adottati nello studio.

Un primo punto che è importante notare è la mancanza di dati obiettivi, ottenuti cioè da esami strumentali, sull’efficacia della CPAP nel correggere i disturbi respiratori notturni al momento del follow-up. Non è possibile quindi escludere che in alcuni pazienti con residua eccessiva sonnolenza fossero presenti disturbi respiratori responsabili del permanere del sintomo, per inadeguata titolazione, per scorretto uso della CPAP o per un aumento della pressione necessaria per il trattamento, dovuto, ad esempio, ad un aumento del peso corporeo.

Inoltre, come rilevato dagli autori, l’avere considerato la residua eccessiva sonnolenza nei soggetti con sintomi suggestivi di sindrome delle gambe senza riposo o depressione come conseguenza di questi disturbi, potrebbe avere condotto ad una sottostima dell’eccessiva sonnolenza residua da OSA, poiché non in tutti i soggetti tali patologie si associano a sonnolenza.

Infine, è fondamentale tenere presente che come eccessiva sonnolenza è stato considerato un punteggio ≥11 alla ESS. Questo è uno dei criteri più spesso usati in letteratura per la definizione di eccessiva sonnolenza ed ha alcune solide basi statistiche ed implicazioni cliniche. Tuttavia, il grado di sonnolenza misurato con la ESS rimane basato su interpretazioni soggettive dei pazienti stessi, e può sensibilmente differire da quello percepito di chi vive loro vicino o misurato con metodiche oggettive. Non è ancora chiaro in quale misura ciascun criterio di valutazione della sonnolenza possa essere utile al fine di prevederne possibili conseguenze negative o possa costituire un’indicazione ad intraprendere un trattamento della sonnolenza stessa.

In conclusione, questo lavoro conferma la necessità di valutare la soggettività dei pazienti con OSA trattati con CPAP, anche se con una buona compliance alla terapia. La stima del 6% come tasso di prevalenza della residua eccessiva sonnolenza conseguente ad un’insufficiente efficacia della CPAP a distanza di un anno dall’inizio della sua utilizzazione è di grande interesse da un punto di vista epidemiologico. La percentuale di pazienti trattati con CPAP che potrebbero o dovrebbero avvalersi di un trattamento farmacologico suppletivo per una migliore risoluzione della sonnolenza potrebbe però non coincidere perfettamente col valore del 6% trovato in questo studio. L’identificazione dei pazienti con sonnolenza meritevole di un trattamento farmacologico, o per i quali sia opportuna una sospensione della patente di guida rimane uno dei problemi più difficili per il medico che si occupa di OSA.

A cura del Dr. Oreste Marrone