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E’ noto che gli anziani, rispetto ai soggetti giovani e di mezza età, mostrano più frequentemente apnee durante il sonno, ma con diverse caratteristiche: minori sforzi respiratori, minori escursioni della pressione arteriosa e, secondo alcune osservazioni, minori desaturazioni e minori conseguenze in termini di sintomi e complicanze cardiovascolari. Si è posto quindi l’interrogativo, non ancora del tutto risolto, se la maggiore frequenza delle apnee fra gli anziani sia da considerare un fenomeno “età-correlato”, cioè dovuto ad una maggiore presenza di fattori di rischio per le apnee in età avanzata, oppure “età dipendente”, cioè dovuto ad un effetto dell’età di per sé.

Gli autori dell’articolo in esame hanno studiato l’OSAS nell’anziano, valutandone le caratteristiche polisonnografiche ed alcune conseguenze cliniche (sonnolenza, disturbi cardiovascolari) in presenza di apnee insorte nella mezza età (<50 anni) o in tarda età (?60 anni). Sessantatre soggetti con un’età media di 70 anni e minima di 65 sono stati sottoposti ad una valutazione clinica e ad un esame polisonnografico. Sulla base delle informazioni fornite dai familiari dei pazienti, è stata poi accertata l’età di insorgenza delle apnee. Il gruppo dei soggetti con apnee ad insorgenza tardiva mostrava alla polisonnografia simili valori di indice di apnea/ipopnea (AHI), simile durata media delle apnee, minori escursioni della pressione esofagea, minor frequenza di arousal ed una tendenza a minori desaturazioni, e necessitava di minori livelli di CPAP per il trattamento; inoltre aveva una minor percentuale di soggetti di sesso maschile, un più basso BMI, un minor grado di sonnolenza valutato sia con la scala di Epworth, sia con MSLT, e una minor prevalenza di disturbi cardiovascolari, e particolarmente di ipertensione. Gli autori hanno quindi concluso che nell’anziano l’importanza clinica delle forme di OSAS in cui le apnee siano insorte tardivamente è minore rispetto a quelle con apnee ad insorgenza più precoce.

Questo lavoro, a conoscenza di chi scrive, è il primo eseguito su soggetti anziani in cui l’OSAS sia stata valutata sulla base dell’epoca presunta dell’insorgenza delle apnee. La valutazione è stata eseguita in modo trasversale, e non riguarda quindi la storia naturale della malattia: l’età di insorgenza dell’eccessiva sonnolenza diurna o dei disturbi cardiovascolari, le variazioni di BMI, le possibili modificazioni che le apnee nel tempo avrebbero potuto subire non sono state prese in esame. Alcuni dati di questo studio portano a sospettare che in tarda età alcune caratteristiche delle apnee si modifichino. Ad esempio, l’entità massima delle escursioni della pressione esofagea durante la notte (12 cm H2O nei soggetti con apnee ad insorgenza prima dei 50 anni) era molto minore rispetto a quella, di diverse decine di cmH2O, riportata da altri lavori in casistiche con soggetti più giovani, la qual cosa suggerisce che essa possa essersi ridotta con gli anni. Tuttavia, tutte le differenze tra le apnee ad insorgenza più precoce e quelle ad insorgenza tardiva erano nella stessa direzione di quella osservata in precedenti lavori che confrontavano apnee in soggetti giovani e anziani. Questo sembra indicare che le apnee ad insorgenza prima dei 50 anni tendano a conservare nel tempo alcune caratteristiche che le distinguono da quelle che insorgono in tarda età e che ne possono rendere le conseguenze più gravi.

Sulla base di questo studio si potrebbe ipotizzare che l’OSAS che viene diagnosticata negli anziani sia un’entità clinica eterogenea: in alcuni soggetti le apnee, insorte poco tempo prima della diagnosi, potrebbero essere un fenomeno “età dipendente”, probabilmente di limitata importanza clinica; in altri esse potrebbero rappresentare un fenomeno già presente molti anni prima della diagnosi ed avere possibili importanti conseguenze. Queste ultime apnee si assocerebbero più spesso ad arousal, ad elevati sforzi respiratori e, forse, a maggiori desaturazioni, che potrebbero rappresentare fattori o marker di rischio per svariate conseguenze cliniche. Se questa ipotesi fosse confermata, l’importanza dell’AHI nella valutazione della gravità dell’OSAS negli anziani potrebbe venire ridimensionata, mentre altri dati polisonnografici e anamnestici potrebbero assumere una maggiore rilevanza per formulazioni prognostiche e decisioni di carattere terapeutico.

A cura del Dr. Oreste Marrone